Il governo siriano ha annunciato il rinvio delle elezioni amministrative previste nelle regioni di Sweida e nei territori a maggioranza curda, citando “motivi di sicurezza e instabilità locale”. La decisione arriva in un momento di forte tensione intercomunitaria, con Sweida teatro di violenti scontri tra fazioni druse e tribù beduine, che hanno causato oltre 900 vittime in una sola settimana. A Sweida, città meridionale a maggioranza drusa, le forze governative si sono ritirate dopo un accordo di cessate il fuoco, lasciando il controllo della sicurezza alle fazioni locali e agli sceicchi drusi. Il presidente ad interim Ahmad al-Sharaa ha definito la scelta “un atto di responsabilità nazionale”, volto a evitare una nuova escalation armata. La mediazione internazionale, in particolare quella statunitense e turca, ha giocato un ruolo cruciale nel contenere il conflitto. Nei territori curdi del nord-est, la situazione è altrettanto delicata. Le autorità locali, in contrasto con Damasco, hanno espresso preoccupazione per l’ingerenza del governo centrale e per la mancanza di garanzie democratiche. Il rinvio delle elezioni è stato interpretato da molti come un tentativo di marginalizzare le istanze autonomiste e di consolidare il controllo statale in aree storicamente resistenti all’autorità di Damasco. La sospensione del voto solleva interrogativi sulla tenuta del processo democratico siriano, già compromesso da anni di guerra civile e repressione. Mentre il governo parla di “priorità alla sicurezza”, le comunità locali temono che il rinvio sia solo l’ennesimo passo verso una centralizzazione autoritaria. In un Paese ancora frammentato, il voto resta uno strumento conteso, più simbolico che sostanziale.
