“Tutti i popoli, anche i più piccoli e deboli, devono essere rispettati dai potenti nella loro identità e nei loro diritti, in particolare il diritto di vivere sulle loro terre. Nessuno può costringerli a un esilio forzato”. Il monito di Papa Leone XIV ha riecheggiato ieri nella Sala dei Papi in Vaticano, durante l’udienza concessa alla delegazione del Chagos Refugees Group di Port Louis. I chagossiani erano stati espulsi dal loro arcipelago nell’Oceano Indiano alla fine degli anni Sessanta per consentire l’installazione di una base militare. Dopo decenni di battaglie, la retrocessione dell’arcipelago a Mauritius, ottenuta grazie a un trattato, rappresenta oggi una svolta attesa e carica di significato.
Per il Pontefice la prospettiva del ritorno “è un segno incoraggiante e ha forza di simbolo sulla scena internazionale”. Il Papa ha espresso l’auspicio che il rimpatrio avvenga “nelle migliori condizioni possibili”, con il sostegno “delle autorità di Mauritius e della comunità internazionale”.
Ma ha anche voluto dare voce al dolore: “Questi anni di esilio hanno causato molta sofferenza. Avete conosciuto povertà, disprezzo, esclusione. Possa il Signore guarire le vostre ferite e concedervi la grazia del perdono per coloro che vi hanno fatto del male”.
Un invito alla speranza, dunque, ma anche un richiamo alla responsabilità dei governi e delle istituzioni internazionali, affinché tragedie simili non si ripetano.
L’identità dei popoli
Il messaggio del Santo Padre si è inserito in un quadro più ampio di preoccupazione per “la direzione che il nostro mondo sta prendendo”. Ricevendo i partecipanti alla sedicesima riunione annuale della rete internazionale dei legislatori cattolici, Leone XIV ha denunciato l’illusione di una vita prospera ridotta a “ricchezza materiale, autonomia illimitata e piacere individuale”.
Ha parlato di una visione incompleta della persona umana, priva di radici e comunità. “L’autentica fioritura deriva dallo sviluppo umano integrale: il pieno sviluppo della persona in tutte le sue dimensioni, fisica, sociale, culturale, morale e spirituale”. Per il Vescovo di Roma la solitudine, la disperazione e il senso di inutilità che si diffondono anche nelle società del benessere sono il segnale di un malessere profondo. “L’essere umano fiorisce quando vive virtuosamente, in comunità sane, non solo in ciò che ha, ma in ciò che è: figlio di Dio”.
Speranza come linea di governo
Nel suo intervento ha ripreso un’espressione del suo predecessore, la “diplomazia della speranza”, per estenderla: “Abbiamo bisogno anche di una politica della speranza, di un’economia della speranza, ancorata alla convinzione che, attraverso la grazia di Cristo, possiamo riflettere la sua luce nella città terrena”. Un richiamo a una responsabilità condivisa, che in pratica ha chiamato in causa governi, istituzioni, legislatori, economisti, leader religiosi e comunità civili.
La famiglia come radice di comunità
Sempre ieri Leone XIV ha incontrato le partecipanti ai Capitoli generali di quattro istituti religiosi femminili. Rivolgendosi a loro, ha voluto sottolineare il valore della famiglia, oggi più che mai “bisognosa di sostegno, promozione, incoraggiamento. Voi potete fare molto perché nelle case fioriscano le virtù e l’amore della Santa Famiglia di Nazareth. Continuate le opere che vi sono affidate stando vicine alle persone, con preghiera, ascolto, consiglio, aiuto”.