Quindici operazioni simultanee, decine di documenti sequestrati e una rete di funzionari sotto indagine. La polizia federale argentina ha condotto una serie di raid in tutto il Paese nell’ambito di un’inchiesta per corruzione che coinvolge l’ANDIS, l’Agenzia nazionale per la disabilità. L’indagine, avviata dalla Procura generale, punta a far luce su presunti abusi nella gestione dei fondi destinati all’assistenza di persone con disabilità. Secondo fonti investigative, i sospetti riguardano l’assegnazione irregolare di sussidi, la falsificazione di certificati medici e l’uso improprio di risorse pubbliche per finalità politiche. Tra i luoghi perquisiti figurano uffici regionali dell’agenzia, studi medici convenzionati e abitazioni private di ex dirigenti. Gli inquirenti parlano di “un sistema consolidato di favoritismi e rendite parassitarie”, che avrebbe sottratto milioni di pesos alle casse dello Stato. L’inchiesta arriva in un momento già critico per l’ANDIS, al centro di polemiche per l’uso di terminologie offensive nei documenti ufficiali relativi alla classificazione delle disabilità intellettive. Dopo le proteste di associazioni e cittadini, il governo ha promesso una revisione dei protocolli, ma il clima resta teso. Il presidente Javier Milei, che ha avviato una campagna di tagli e riforme radicali, ha dichiarato che “chi ha rubato ai più vulnerabili pagherà il prezzo più alto”. Tuttavia, l’opposizione accusa l’esecutivo di strumentalizzare l’inchiesta per giustificare ulteriori riduzioni ai servizi sociali. Le associazioni per i diritti delle persone con disabilità chiedono trasparenza e giustizia, ma temono che lo scandalo possa tradursi in un ulteriore indebolimento delle politiche di inclusione. In attesa degli sviluppi giudiziari, l’Argentina si confronta con una domanda cruciale: chi protegge davvero i più fragili?
