Un fulmine a ciel sereno scuote la già fragile democrazia dello Sri Lanka. Ranil Wickremesinghe, ex presidente e figura storica della politica nazionale, è stato arrestato ieri dal Dipartimento di Investigazione Criminale con l’accusa di uso improprio di fondi statali. L’arresto è avvenuto in seguito a un interrogatorio programmato, relativo a una controversa visita a Londra nel 2023, dove l’ex capo di Stato aveva partecipato alla cerimonia accademica della moglie presso l’Università di Wolverhampton. Secondo gli inquirenti, Wickremesinghe avrebbe utilizzato risorse pubbliche per finanziare spese personali, inclusi viaggi e sicurezza, durante una tappa non ufficiale del suo ritorno da un summit a Cuba. L’ex presidente, che ha guidato il paese dal 2022 al 2024 dopo sei mandati da primo ministro, nega ogni addebito e definisce l’inchiesta una manovra politica orchestrata dal governo attuale. La notizia ha provocato reazioni immediate. I partiti di opposizione hanno convocato riunioni straordinarie, mentre le strade di Colombo si sono riempite di manifestanti divisi tra indignazione e sostegno. Il governo guidato da Anura Kumara Dissanayake, salito al potere con la promessa di combattere la corruzione, ha difeso l’operato della magistratura, sottolineando la necessità di garantire trasparenza nell’uso dei fondi pubblici. L’arresto di Wickremesinghe, primo nella storia per un ex presidente dello Sri Lanka, segna un punto di svolta nel dibattito sulla responsabilità politica. In un paese ancora segnato dalla crisi economica del 2022 e dalle proteste che portarono alla fuga del predecessore Gotabaya Rajapaksa, l’episodio potrebbe ridefinire gli equilibri istituzionali e il rapporto tra potere e giustizia. Resta da vedere se questo sarà l’inizio di una nuova era di accountability o solo l’ennesimo capitolo di una saga politica dai contorni sempre più drammatici.
