La corte penale di Bangkok ha assolto l’ex primo ministro Thaksin Shinawatra dall’accusa di aver insultato la monarchia, chiudendo un capitolo giudiziario che aveva riacceso tensioni politiche nel Paese. Il verdetto, emesso venerdì 22 agosto, ha stabilito che le prove presentate non erano sufficienti per dimostrare la violazione della severa legge thailandese sulla lesa maestà, che prevede pene fino a 15 anni di carcere. Thaksin, 76 anni, era stato incriminato nel giugno 2024 per alcune dichiarazioni rilasciate nel 2015 durante il suo esilio, in cui aveva suggerito che il colpo di stato del 2014 — che depose sua sorella Yingluck Shinawatra — fosse stato orchestrato da membri del Consiglio privato del re. Secondo la difesa, tali affermazioni non rientravano nei confini della legge, che tutela esclusivamente la figura del monarca e dei suoi familiari. La sentenza arriva in un momento delicato per la dinastia politica degli Shinawatra. La figlia di Thaksin, Paetongtarn, è attualmente sospesa dalla carica di primo ministro per una controversa telefonata con l’ex leader cambogiano Hun Sen, e rischia la rimozione definitiva. Il verdetto favorevole al padre potrebbe rafforzare il fronte progressista, da anni contrapposto all’establishment monarchico-militare. Thaksin, figura polarizzante e influente, era tornato in patria nel 2023 dopo 15 anni di esilio, beneficiando di una riduzione della pena per precedenti condanne legate alla corruzione. La sua assoluzione potrebbe segnare un nuovo equilibrio tra le forze politiche, ma resta da vedere se la monarchia e l’esercito accetteranno questa svolta senza ulteriori contraccolpi. In un Paese dove la libertà d’espressione è spesso sacrificata sull’altare della stabilità, la decisione della corte rappresenta un segnale inatteso. Ma in Thailandia, ogni verdetto è solo l’inizio di una nuova partita.
Thailandia: Thaksin Shinawatra assolto dall’accusa di lesa maestà
