Un compromesso faticoso che salva l’Europa da una guerra commerciale con Washington, ma che lascia l’Italia esposta, soprattutto sul fronte agroalimentare e vitivinicolo. Dopo settimane di trattative, l’Unione europea e gli Stati Uniti hanno firmato ieri una dichiarazione congiunta che istituisce un quadro stabile per il commercio e gli investimenti transatlantici.
L’accordo prevede un tetto tariffario massimo del 15% per la maggior parte delle esportazioni europee verso gli Stati Uniti, inclusi comparti strategici come automotive, farmaceutica, semiconduttori e legname. Si tratta di un regime tariffario onnicomprensivo, valido per quasi tutte le categorie di prodotti, con eccezioni limitate: per alcuni settori già soggetti a dazi più alti, come talune produzioni agricole e alimentari, non è prevista alcuna riduzione.
Dal 1° settembre, inoltre, entrerà in vigore un regime speciale con sole tariffe Npf (nazione più favorita) per prodotti come aeromobili e parti, farmaci generici, ingredienti e precursori chimici, oltre alle risorse naturali non disponibili in Ue.
Il pacchetto parallelo
Il compromesso arriva dopo un negoziato serrato condotto dal Commissario europeo al Commercio Maros Sefcovic con il Segretario al Commercio Usa Howard Lutnick e il rappresentante americano Jamieson Greer. “L’alternativa all’intesa era una guerra commerciale”, ha spiegato Sefcovic, che ha sottolineato come il nuovo quadro dia “stabilità, prevedibilità e sollievo a diversi settori”. Parallelamente, l’Unione europea si è impegnata ad acquistare dagli Stati Uniti gas naturale liquefatto, petrolio e prodotti dell’energia nucleare per 750 miliardi di dollari entro il 2028. A ciò si aggiunge un investimento vincolato di 40 miliardi di dollari in chip per l’Intelligenza Artificiale, destinati ai centri di calcolo europei. Una scelta che consolida l’asse energetico e tecnologico tra le due sponde dell’Atlantico e che mira a rafforzare le catene di approvvigionamento, specie in un contesto di tensioni geopolitiche con Cina e Russia.
“La nostra priorità era garantire un risultato positivo per cittadini e imprese. Abbiamo evitato una crisi che avrebbe potuto danneggiare profondamente le nostre economie”, ha dichiarato la presidente della Commissione, Ursula von der Leyen. “Ma non è il termine del processo: continueremo a lavorare con ambizione per ulteriori riduzioni tariffarie e nuove aree di cooperazione”.
Italia in difficoltà: vino, olio e pasta senza tutele
Il Presidente del Consiglio europeo Antonio Costa ha parlato di “maggiore prevedibilità e stabilità per i legami economici transatlantici”, mentre da Roma Palazzo Chigi ha rivendicato il lavoro fatto per inserire il tema agroalimentare nel prossimo pacchetto negoziale: “Il governo resta impegnato, insieme alla Commissione e agli altri Stati membri, per ampliare nei prossimi mesi i settori merceologici esenti, a partire dal comparto agricolo e alimentare”. Ed è proprio sul vino che si concentra l’allarme maggiore. L’Italia esporta negli Stati Uniti quasi 2 miliardi di euro di vini l’anno, con etichette simbolo come Prosecco, Chianti Classico, Brunello di Montalcino e Pinot Grigio. Il mantenimento del dazio al 15% rischia di tradursi, secondo l’Unione italiana vini, in 317 milioni di euro di perdite in 12 mesi, cifra che potrebbe salire a 460 milioni se il dollaro resterà svalutato.
“Il tempo delle deroghe è finito, ora serve un sostegno immediato alla promozione del vino italiano negli Usa”, ha avvertito il Presidente Uiv Lamberto Frescobaldi, parlando di “secondo semestre molto difficile”.
Secondo Coldiretti e Filiera Italia, il colpo riguarda non solo il vino ma anche olio extravergine di oliva e pasta di semola, per un impatto complessivo di oltre un miliardo di euro sulla filiera alimentare italiana.
Le reazioni politiche
Dall’opposizione piovono critiche. Antonio Misiani (Pd) accusa il governo Meloni di “irrilevanza a Bruxelles e a Washington”, sottolineando come “la Germania abbia ottenuto protezioni sull’auto, mentre i nostri settori più esposti restano senza tutele”.
Ancora più duro Davide Faraone (Italia viva): “Altro che rapporti privilegiati: i dazi Usa colpiscono duro l’Italia. Nessuna esenzione, nessun trattamento di favore. Il nostro agroalimentare pagherà il prezzo pieno mentre il governo è distratto da sgomberi e propaganda”.
Dal governo arriva invece un giudizio cauto. Il Ministro degli Esteri Antonio Tajani ha definito l’intesa “un passo importante per dare stabilità agli scambi e alle industrie strategiche”, ribadendo però che “non è un punto di arrivo, ma l’inizio di un percorso di cooperazione che dovrà estendersi a nuovi settori”.
Esperti divisi
Il Presidente di Nomisma Paolo De Castro ha riconosciuto che l’accordo “evita rischi politici ed economici” ma non lo ha ritenuto sufficiente a rilanciare la crescita: “Tariffe zero sarebbero state più efficaci, soprattutto per il nostro agroalimentare”. Sulla stessa linea Confagricoltura, che ha parlato di “compromesso accettabile per settori come i formaggi duri, ma penalizzante per vino e Pecorino Romano”.