Per la prima volta dall’inizio dell’invasione, Vladimir Putin ha fatto trapelare la disponibilità a un incontro diretto con Volodymyr Zelensky. Un’apertura che arriva in parallelo all’offensiva diplomatica lanciata da Donald Trump, tornato al centro della scena internazionale con una promessa e una condizione: “Avete la mia parola, non manderò soldati americani in Ucraina”, ma Kiev non entrerà nella Nato. Sul tavolo, al posto dell’adesione all’Alleanza, una formula di garanzie di sicurezza ancora tutta da definire, che Bruxelles e Washington vorrebbero costruire “entro dieci giorni”. Le parole pronunciate da Trump in un’intervista a Fox News e poi ribadite nei colloqui alla Casa Bianca hanno dato l’impressione di una svolta: “Ci sarà una certa forma di garanzia per l’Ucraina, ma non potrà essere la Nato. Dal punto di vista della Russia, significherebbe avere il nemico al confine”. Lo stesso Presidente ha annunciato di aver telefonato a Putin per avviare i preparativi di un incontro bilaterale con Zelensky “in un luogo neutrale, da stabilire”, seguito da un trilaterale con la sua presenza.
Zelensky, intervenuto su Telegram dopo la riunione con Trump e i leader europei, ha confermato che “sono stati discussi in profondità il campo di battaglia, i prigionieri, il ritorno dei bambini deportati, ma soprattutto le garanzie di sicurezza”. Il Presidente ucraino ha definito l’appuntamento “storico” e ha ringraziato Trump “per l’invito e per il formato speciale” che ha portato insieme a Washington Emmanuel Macron, Friedrich Merz, Giorgia Meloni, Keir Starmer, Alexander Stubb e Ursula von derLeyen: “È un passo importante, un segnale di vera unità tra Stati Uniti ed Europa”.
La location
Kiev però ha immediatamente respinto l’idea, ventilata dal Cremlino, di ospitare il vertice a Mosca. “Che tipo di reazione vi aspettate da noi? È stata respinta subito”, ha detto alla Bbc il Consigliere presidenziale Dmytro Lytvyn. Più praticabile l’opzione Svizzera: il Ministro degli Esteri Ignazio Cassis ha dichiarato che Ginevra è pronta “anche a brevissimo termine” e che Berna garantirebbe a Putin immunità diplomatica, necessaria perché sul presidente russo pende un mandato di arresto della Corte penale internazionale.
Intanto l’Europa si muove con cautela. Il Premier britannico KeirStarmer, coordinando una riunione virtuale della ʼCoalizione dei Volontariʼ con oltre trenta leader internazionali, ha parlato di “un reale senso di unità” e ha confermato che i team tecnici stanno lavorando con gli americani a “piani di garanzia solida per l’Ucraina, in stile Articolo 5”. Emmanuel Macron ha avvertito che “Putin non negozia la pace se pensa di poter vincere la guerra” e ha chiesto nuove sanzioni in caso di mancati progressi. Ancora più netto il Cancelliere tedesco Friedrich Merz: “Chiedere all’Ucraina di cedere il Donbass alla Russia è come chiedere agli Stati Uniti di cedere la Florida”.
Antonio Tajani, Ministro degli Esteri italiano, ha scelto un registro più prudente: “La luce è in fondo a un tunnel molto lungo. Zelensky non può arrendersi a tutte le richieste del russo”. Dalla conferenza di Berna con Cassis ha però mostrato un cauto ottimismo, rilanciando Ginevra come sede ideale.
Comitato militare
La Nato osserva con attenzione. Il Generale Giuseppe Cavo Dragone, Presidente del Comitato militare, ha convocato per oggiuna videoconferenza con i capi di Stato maggiore dei 32 Paesi membri. All’incontro parteciperà anche il nuovo Comandante supremo Michael Grynkewich. “L’aggiornamento sul contesto di sicurezza sarà cruciale mentre proseguono gli sforzi diplomatici”, ha scritto Cavo Dragone su X.
Sul campo, intanto, la guerra non si ferma. Nella notte Mosca ha lanciato 270 droni e dieci missili contro diverse regioni ucraine: 230 droni e sei missili sono stati abbattuti, ma almeno 16 località sono state colpite. A Chernihiv sono state danneggiate infrastrutture e linee elettriche, a Poltava quasi 1.500 abitazioni sono rimaste senza corrente. Dall’altra parte, droni ucraini hanno colpito una raffineria Lukoil nella regione russa di Volgograd, provocando incendi e interruzioni negli oleodotti.
Il clima resta quindi di forte incertezza. Da un lato, l’apertura di Putin e l’attivismo di Trump hanno fatto parlare di “nuovo capitolo” nello sforzo diplomatico, come lo ha definito il presidente del Consiglio europeo Antonio Costa. Dall’altro, la durezza delle condizioni poste da Mosca e la riluttanza ucraina a qualunque concessione territoriale alimentano il sospetto che il negoziato sia ancora lontano. “La storia insegna che le guerre finiscono con un compromesso, ma non ogni compromesso è accettabile”, ha detto Ursula von der Leyen, ribadendo che l’Unione non arretrerà “fino a una pace giusta e duratura”.