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Il Vertice Trump Putin tra un nuovo assetto dei rapporti USA Russia e la questione ucraina

martedì, 19 Agosto 2025
3 minuti di lettura

Valutare il vertice tenutosi in Alaska tra Putin e Trump impone almeno di mettersi nella condizione di interpretare i fatti secondo diversi piani di lettura.

Il primo e più importante è il concetto di coesistenza. L’amministrazione Trump deve affrontare una serie di dossier nei quali la Russia è parte e a meno che non si voglia un drastico aumento delle tensioni internazionali, ha preferito prendere atto che la Russia esiste e che è possibile un dialogo con la stessa. Per rimanere nella cronaca, la Russia è una superpotenza nucleare e in vista di un possibile rinnovo di un accordo sulla limitazione dei missili balistici nucleari a medio raggio è necessario tenere un canale aperto.

Ma il discorso è più ampio, perché in in mondo multi nodale dove anche le medie potenze esprimono legami non sempre in linea con le loro appartenenze in termini di sfere di influenza, gli Stati Uniti non possono e non vogliono privarsi dei vantaggi che la cooperazione russo americana potrebbe portare. Questo lo abbiamo visto ad esempio nel rinnovo dell’accordo tra la NASA e Roscosmos, ma potremmo citare la cooperazione nell’artico o le possibilità di investimento in Siberia o l’accesso alle materie critiche russe (le terre rare), attraverso la costituzione di Joint Venture. Certo probabilmente di converso assisteremo ad un allentamento delle sanzioni Imposte da Washington.

Inoltre la Russia gode di relazioni privilegiate con la Cina, l’India, l’Iran e altre nazioni del cosiddetto sud globale. Relazioni che la Casa Bianca potrebbe sfruttare per disinnescare i possibili conflitti che finirebbero per coinvolgerla o per trovare un compromesso rispetto alle sue esigenze. Insomma una diplomazia di supporto rispetto alle necessità degli Stati Uniti.

Da questo punto di vista il vertice è stato un successo perché avere canali diplomatici ed economici aperti anche con una Nazione antagonista, ma con la quale si vuole coesistere è comunque un fattore di lungimiranza.

Parlo di Nazione antagonista, perché nessuno pensi che strette di mano o tappeti rossi interromperanno l’azione americana di contenimento della Federazione Russa, come si evince dalle vicende che riguardano Armenia e Azerbaijan e il corridoio di Zangezur.

Tutto questo continuerà, ma la parola sarà affidata alla diplomazia prima che siano le armi a dover decidere.

Ovviamente potrebbe anche essere l’inizio di un nuovo assetto strategico che però al momento sarebbe davvero ad uno stato embrionale, poiché è impossibile che in tre ore abbiano definito tutte le posizioni dello scacchiere mondiale.

In Europa comunque questo vertice è stato visto con fastidio, ma questo perché l’Europa è stata costruita per esistere in un mondo globalizzato e dominato da una egemonia liberale. Quindi un mondo basato sul diritto, la democrazia e il commercio, mentre la mutazione è stata verso un mondo dominato dalla potenza (come ricordato anche dal nostro Ministro della Difesa – Crosetto). Le relazioni internazionali non si gestiscono con in mano la lavagna dei buoni e dei cattivi e forse una riflessione nel merito andrebbe fatta.

Certamente questo vertice ha chiarito che la Russia è una delle Superpotenze del pianeta e la certificazione è arrivata dal suo rivale storico. La cosa non dovrebbe stupirci più di tanto visti i valori in campo (1.500.000 effettivi, 5.000.000 di riservisti, triade nucleare e 1600 testate atomiche operative) e il realismo che ha sempre caratterizzato l’amministrazione Trump.

A quanto sopra si collega l’altro grande tema di questo vertice, ossia la questione ucraina.

Personalmente credo che Trump e Putin abbiano parlato di Ucraina con in mano la bibbia del realismo politico. Un dialogo che da un lato prende atto della situazione sul campo e delle prospettive della guerra che certo non sono favorevoli per Kiev (così anche le dichiarazioni del capo dell’intelligence ucraina), dall’altro dalla volontà americana di garantire una reale indipendenza dei territori non annessi dalla Russia.

Le indiscrezioni sono molte e capiremo meglio nei prossimi giorni. Si parla di restituzione di alcuni territori o di un articolo 5 informale che garantisca l’Ucraina da ulteriori aggressioni.

L’unica cosa al momento certa è che Washington si è allineata con Mosca per una soluzione definitiva del conflitto, ossia ad una vera e propria pace.

L’ultima parola spetterà a Zelenski che lunedì, nel vertice che si terrà a Washington, potrà contare anche sul sostegno politico delle nazioni europee per una pace che preveda per Kiev quelle garanzie che, anche se fuori dalla NATO, le consentano una reale autonomia da Mosca.

In difetto saranno le armi a definire il futuro dell’Ucraina.

Paolo Falconio

Paolo Falconio

Membro del Consejo Rector de Honor e conferenziere de la Sociedad de Estudios Internacionales (SEI)

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