Una notizia come detto inaspettata, perché papa Francesco sembrava nutrire grande stima per il fondatore di Bose indipendentemente da certe sue posizioni non molto ortodosse (Bianchi per esempio ha sempre espresso dubbi sulla veridicità delle apparizioni di Fatima e su certi aspetti del culto mariano). Al punto da averlo scelto, pochi mesi dopo la sua elezione, come consultore del Pontificio consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani, essendo la sua comunità un crocevia di incontri interrelligiosi fra cattolici, ortodossi, protestanti ecc.
Ma come mai questa decisione? Come mai Bianchi viene oggi allontanato da quella che è la sua creatura? Le motivazioni sono spiegate in una nota della stessa Comunità di Bose nella quale si legge:
“In seguito a serie preoccupazioni pervenute da più parti alla Santa Sede che segnalavano una situazione tesa e problematica nella nostra Comunità per quanto riguarda l’esercizio dell’autorità del Fondatore, la gestione del governo e il clima fraterno, il Santo Padre Francesco ha disposto una visita apostolica, affidata al revrendo Abate Guillermo Leòn Arboleda Tamayo. Tenendo conto della rilevanza ecclesiale ed ecumenica della Comunità di Bose e dell’importanza che essa continui a svolgere il ruolo che le è riconosciuto, superando gravi disagi e incomprensioni che potrebbero indebolirlo o addirittura annullarlo, con la Visita Apostolica il Santo Padre ha inteso offrire alla medesima Comunità un aiuto sotto forma di un tempo di ascolto da parte di alcune persone di provata fiducia e saggezza. Al termine la Santa Sede è giunta a delle conclusioni sotto forma di un decreto singolare del 13 maggio 2020, a firma del Card. Pietro Parolin, Segretario di Stato di Sua Santità e approvato in forma specifica dal Papa che sono state comunicate agli interessati alcuni giorni fa. Tale comunicazione è avvenuta nel massimo rispetto possibile del diritto alla riservatezza degli interessati. Poichè, tuttavia, a partire dalla notifica del decreto, l’annunciato rifiuto dei provvedimenti da parte di alcuni destinatari ha determinato una situazione di confusione e disagio ulteriori, si ritiene necessario precisare che i provvedimenti di cui sopra riguardano Enzo Bianchi, Goffredo Boselli, Lino Breda e Antonella Casiraghi, i quali dovranno separarsi dalla Comunità Monastica di Bose e trasferirsi in altro luogo, decadendo da tutti gli incarichi attualmente detenuti”.
In pratica la decisione è legata alle tensioni che si sarebbero venute a creare fra lo stesso Bianchi e il suo successore, fratel Luciano Manicardi. Un conflitto che avrebbe generato “una situazione tesa e problematica per quanto riguarda l’esercizio dell’autorità del fondatore e il clima fraterno”.
Talmente grave da aver fatto maturare nel Santo Padre la decisione di allontanare Enzo Bianchi.Scelta che il Corriere della Sera definisce “sofferta” data la stima che il papa ha sempre manifestato apertamente nei confronti dell’ex priore. Che i telespettatori hanno imparato a conoscere soprattutto grazie alle sue frequenti partecipazioni alla trasmissione “L’Infedele” di Gad Lerner dove spesso Bianchi interveniva in dissenso alla linea ufficiale della Cei allora guidata da Camillo Ruini (e anche per questo il teologo era molto apprezzato e ricercato dalla stampa di sinistra).
Enzo Bianchi fu per altro in prima linea contro Benedetto XVI quando con il motu proprio Summorum Pontificum liberalizzò nella Chiesa l’utilizzo dell’antico rito tridentino secondo il messale di San Pio V, facendo decadere l’obbligo per i fedeli desiderosi di ascoltare la messa in latino di chiedere e ricevere l’autorizzazione del vescovo diocesano. Per il fondatore di Bose si trattò di una “pericolosa regresssione”, così come fu per lui quasi un’eresia la revoca della scomunica da parte di Ratzinger ai vescovi della Fraternità San Pio X consacrati da Marcel Lefebvre.
Come ricorda il Corriere “la nascita di Bose viene fatta risalire alla fine del 1965, alla conclusione del Concilio Vaticano II, quando Enzo Bianchi decise di andare ad abitare in quella frazione abbandonata del comune di Magnano, sulla Serra di Ivrea, con l’intenzione di dare inizio a una comunità monastica ispirata ai cristiani dei primi secoli, impegnata del dialogo ecumenico e aperta a tutte le confessioni e quindi anche alle donne. Oggi è composta da circa novanta membri, tra fratelli e sorelle, di sei nazionalità, quasi tutti laici”.
E c’è chi dice che le incomprensioni fra il fondatore e gli attuali vertici sia stata determinata proprio dal fatto che la Comunità continui ad essere identificata con la figura di Bianchi e con le posizioni da questo espresse e non del tutto condivise dai confratelli. (Lo_Speciale)