Ieri Israele si è fermato per lo sciopero generale nazionale convocato dal Forum delle famiglie degli ostaggi. Decine di migliaia di persone hanno bloccato strade e autostrade a Tel Aviv e in altre città fin dalle prime ore del mattino, chiedendo la liberazione dei circa 50 prigionieri ancora detenuti da Hamas e la fine della guerra a Gaza. Gli organizzatori hanno stimato che fino a un milione di cittadini avrebbero preso parte alle manifestazioni in Piazza degli Ostaggi a Tel Aviv e in centinaia di iniziative parallele in tutto il Paese. Cartelli con i volti dei rapiti, cori contro i ministri e appelli accorati dei familiari hanno segnato una giornata di mobilitazione che, secondo i promotori, rappresenta “solo l’inizio” di una nuova fase di pressione sul governo. La polizia ha effettuato almeno 38 fermi nel corso della mattinata. Durante il comizio a Tel Aviv, Einav Zangauker, madre di Matan, uno degli ostaggi ancora prigionieri, ha dichiarato: “Non possiamo più stare fermi. Abbiamo smesso di aspettare che Netanyahu fermi la guerra quando è conveniente per lui”. Un messaggio simile è arrivato dal padre di Eitan Horn, ancora detenuto a Gaza, che ha invitato gli israeliani a “fermare il Paese non per vacanza, ma per protestare e difendere il carattere morale di Israele”. La protesta ha visto l’adesione di università, enti locali e associazioni civiche, ma non della principale centrale sindacale Histadrut, rimasta neutrale. La mobilitazione ha assunto anche un volto mediatico grazie alla presenza a Tel Aviv dell’attrice Gal Gadot, che ha abbracciato i familiari degli ostaggi e ribadito il suo sostegno. L’immagine della star internazionale al fianco dei manifestanti è stata rilanciata sui social come simbolo della pressione popolare sul governo.
Opposizione in piazza, governo diviso
Il leader dell’opposizione Yair Lapid si è unito ai manifestanti in piazza, accusando il governo Netanyahu di trattare gli ostaggi come “pedine sacrificabili” e definendo “spregevole” l’accusa ai dimostranti di fare il gioco di Hamas. Anche l’ex premier Benny Gantz ha condannato la linea dura dell’esecutivo: “Attaccare le famiglie dei rapiti significa dividerci e indebolirci”. Sul fronte opposto, il ministro delle Finanze Bezalel Smotrich e quello della Sicurezza Itamar Ben Gvir hanno bollato lo sciopero come un favore a Hamas. “Queste persone hanno indebolito Israele prima del 7 ottobre e lo stanno facendo di nuovo”, ha detto Ben Gvir. Netanyahu stesso ha avvertito che fermare la guerra significherebbe “garantire il ripetersi degli orrori del 7 ottobre”.
Netanyahu: “Accordo solo se tutti gli ostaggi saranno liberati”
In una dichiarazione rilasciata in serata, l’ufficio del premier Benjamin Netanyahu ha ribadito che Israele accetterà un’intesa soltanto se tutti gli ostaggi verranno liberati contemporaneamente e se Hamas accetterà le condizioni imposte: smilitarizzazione della Striscia, controllo israeliano del perimetro e insediamento di un governo alternativo. Fonti israeliane hanno confermato che a Il Cairo Hamas avrebbe mostrato maggiore disponibilità a negoziare un cessate il fuoco graduale, ma la posizione di Netanyahu resta inflessibile.
Gaza sotto assedio: ospedale bombardato, 7 morti
Mentre Israele era attraversato dalle proteste, a Gaza l’offensiva militare non si è fermata. Un raid aereo ha colpito ieri mattina l’ospedale Al Ahli di Gaza City, provocando almeno sette vittime, secondo Al Jazeera. Nella stessa area un altro attacco contro una tenda ha ucciso un ragazzo. La protezione civile di Gaza ha denunciato che almeno 40 persone sono morte nelle ultime 24 ore in diversi bombardamenti, mentre migliaia di civili vengono spinti a lasciare Gaza City in vista di una nuova offensiva. Il Cogat, l’organo israeliano che gestisce gli affari civili nei Territori, ha annunciato la distribuzione di tende e rifugi per agevolare lo sfollamento forzato verso sud. Hamas ha denunciato il piano come “genocida”. Alla devastazione dei raid si aggiunge la crisi umanitaria. L’agenzia palestinese Wafa ha segnalato sette nuove morti per malnutrizione nelle ultime 24 ore, inclusi due bambini. Il bilancio complessivo delle vittime della carestia è salito a 251, di cui 110 minori. L’Unrwa ha chiesto il ripristino del meccanismo di distribuzione degli aiuti guidato dall’Onu, accusando Israele e Stati Uniti di aver creato “disumanizzazione, caos e morte”.
Israele, banche in utile record nonostante la guerra
In parallelo, i dati economici hanno mostrato un paradosso: le principali banche israeliane hanno registrato profitti record nel secondo trimestre del 2025. Bank Leumi ha guadagnato 2,6 miliardi di shekel (+15%), Bank Hapoalim 2,5 miliardi (+14%), e Israel Discount Bank 1,12 miliardi (+6,7%). I risultati arrivano mentre famiglie e imprese affrontano debiti crescenti, mutui insostenibili e un’economia segnata da 22 mesi di conflitto.