Un Angelus intenso, denso di immagini e di appelli, quello di ieri di Papa Leone XIV in piazza della Libertà a Castel Gandolfo. Il Pontefice, davanti a migliaia di fedeli riuniti sotto il sole di metà agosto, ha rilanciato con forza il suo invito alla pace: “Preghiamo perché vadano a buon fine gli sforzi per fare cessare le guerre e promuovere la pace, affinché nelle trattative si ponga sempre al primo posto il bene comune dei popoli”. Non un’esortazione generica, ma un richiamo preciso al clima internazionale, segnato da conflitti ancora aperti in Ucraina, Medioriente e Africa, che il Santo Padre ha seguito da vicino in questi mesi. “Il bene comunenon può essere sacrificato a interessi particolari o nazionali. Se la pace è soltanto tregua o divisione di territori, allora non è vera pace. È necessario uno sguardo più ampio, capace di mettere al centro le persone, le famiglie, le comunità”.
Il Papa ha utilizzato parole forti per distinguere la pace autentica dalla “falsa quiete” che nasce dall’indifferenza: “Non scambiamo la pace con la comodità, il bene con la tranquillità”. E ancora: “Non il fuoco delle armi, e nemmeno quello delle parole che inceneriscono gli altri. Ma il fuoco dell’amore, della bontà, che non costa come gli armamenti, ma gratuitamente rinnova il mondo”.
Un linguaggio che riprendeva quello del Vangelo del giorno, in cui Gesù afferma di essere venuto a portare fuoco sulla terra. Il Vescovo di Roma ha riletto queste parole nella prospettiva di un cristianesimo impegnato, capace di rischiare: “Il mondo ci abitua a pensare che pace significhi comodità. Ma Cristo porta un’altra pace, che chiede coraggio, che mette in gioco la vita”.
Il Vangelo “segno di contraddizione”
Nell’omelia Sua Santità ha ricordato come Gesù stesso fosse stato “segno di contraddizione”, perseguitato e osteggiato nonostante annunciasse l’amore. E ha fatto riferimento alle prime comunità cristiane raccontate dagli Atti degli Apostoli, “pacifiche, ma ugualmente perseguitate. Agire nella verità costa perché nel mondo c’è chi sceglie la menzogna, e perché il diavolo approfitta per ostacolare l’agire dei buoni. Ma il Signore ci invita a non arrenderci e a non omologarci alla mentalità dominante”. Da qui l’esortazione a “rispondere alla prepotenza non con la vendetta ma con la fedeltà alla verità nella carità”, ricordando il sacrificio dei martiri come testimonianza estrema. Il Papa ha attualizzato il discorso con esempi concreti: “Un genitore che vuole educare bene i figli, un insegnante che desidera formare i suoi alunni, un politico che svolge con onestà la sua missione: tutti pagano un prezzo, perché il bene non è mai indolore”.
“Una Chiesa che non esclude”
La mattina, prima dell’Angelus, Leone XIV ha presieduto la Messa nel Santuario di Santa Maria della Rotonda ad Albano, celebrata con i poveri assistiti dalla diocesi e gli operatori Caritas. Qui ha sviluppato un’altra immagine centrale del suo pontificato: la Chiesa come “madre che accoglie, senza spigoli, capace di abbracciare le ferite di ciascuno. Non distinguiamo tra chi assiste e chi è assistito, tra chi dà e chi riceve. Siamo la Chiesa del Signore, un corpo in cui anche il più fragile partecipa in piena dignità. Abbattiamo i muri, lasciamo che il fuoco di Cristo bruci i pregiudizi e le paure che ancora emarginano tanti fratelli e sorelle”. L’omelia ha insistito sul valore della comunità cristiana come luogo dove “i poveri non sono spettatori, ma protagonisti”. Un messaggio rivolto non solo ai fedeli presenti, ma anche a un mondo spesso segnato da disuguaglianze crescenti.
Vicinanza alle popolazioni colpite
Nel dopo-Angelus il Papa ha espresso vicinanza alle popolazioni del Pakistan, dell’India e del Nepal, travolte da violente alluvioni in queste settimane: “Prego per le vittime e i loro familiari, e per quanti soffrono a causa di questa calamità”. Ha poi salutato con calore i gruppi presenti, tra cui l’Aido di Coccaglio, l’Avis di Gavardo arrivata in bicicletta, giovani e religiose di diverse comunità.