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Montagne italiane, un motore da 6,7% del Pil. Uncem: “Non basta contare i turisti, servono paesi vivi”

domenica, 17 Agosto 2025
2 minuti di lettura

Il turismo nelle aree montane italiane vale il 6,7% del Prodotto interno lordo, un dato in linea con la media nazionale. Ma dietro alle cifre si nasconde una realtà complessa, fatta di comunità locali che tengono in vita i territori e che, secondo l’Uncem, non devono essere dimenticate nel dibattito su sviluppo e sostenibilità. A scattare la fotografia è il ʼRapporto Montagne Italia 2025ʼ, realizzato dall’Unione nazionale dei Comuni, Comunità e Enti montani (Uncem) insieme a Ipsos. Per nove italiani su dieci le montagne sono una risorsa turistica di primo piano, e per oltre la metà un luogo dove si può vivere stabilmente.
I dati raccontano di 19,3 posti letto ogni 100 abitanti lungo l’arco alpino e appenninico, con una media di 1.200 pernottamenti l’anno ogni 100 residenti. La permanenza media è di 3,1 giorni: una vacanza breve, che privilegia soggiorni concentrati in determinati periodi dell’anno.

“Non esiste overtourism”

Il turismo c’è perché ci sono paesi e comunità” ha spiegato Marco Bussone, Presidente nazionale di Uncem. “È in crescita, ed è sbagliato parlare di overtourism in montagna: ci sono piuttosto picchi stagionali e flussi più intensi in alcune aree, ma il vero limite è non riconoscere che si entra in sistemi complessi, ecologici e antropici. Le comunità locali non sono borghi turistici da cartolina: sono fondamentali per accogliere e rendere possibile il turismo stesso”. Un invito chiaro ai visitatori: non portarsi tutto da casa, ma sostenere i negozi e i servizi delle valli. “Non chiediamo assistenzialismo – ha aggiunto Bussone – ma buonsenso e comunione con i territori. È questa la vita delle montagne”.
Il Rapporto individua 387 comunità territoriali, ovvero aree omogenee che raggruppano Comuni impegnati in strategie comuni di sviluppo. I numeri mostrano una forte concentrazione nelle zone alpine, soprattutto in Alto Adige e Trentino.

Dove il turismo pesa di più

La ʼcapitaleʼ del lavoro turistico è Villabassa, in Alta Pusteria, con quasi 13 mila occupati nella filiera su una popolazione di 84 mila abitanti. Seguono altre aree altoatesine come Verano e Tires, e le Dolomiti bellunesi. In coda le zone montane del Sud, come la Locride o i Nebrodi. Sul fronte dell’incidenza del turismo sul PIL locale, il primato spetta ancora al Trentino, con la Comunità di Trento (72%), Soraga di Fassa (62%) e Tires (59%).
Per disponibilità di strutture ricettive spicca Soraga di Fassa, con 254 posti letto ogni 100 abitanti, seguita dall’area Walser Monte Rosa in Valle d’Aosta (239) e dal Baldo-Garda (220). Bene anche l’Alta Val Susa (149) e alcune zone del Sud come il Lambro Mingardo in Campania.
Quanto alle presenze, i record vanno a Soraga di Fassa (30 mila presenze l’anno ogni 100 abitanti), Spormaggiore (27 mila) e Baldo-Garda (19 mila). Invece, la permanenza più lunga si registra nell’Alto Maceratese, con una media di 13 giorni per turista, seguita da aree calabresi e campane come il Versante Ionico, la Sila Greca e il Lambro Mingardo.
Secondo il Rapporto, il turismo montano resta un pilastro dell’economia ma non può essere separato da agricoltura, gestione dei versanti e servizi di comunità. “Solo così – osserva Uncem – le montagne italiane possono continuare a essere attrattive, sostenibili e vive”.

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