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Giovane palestinese muore a Pisa dopo l’arrivo da Gaza. Hamas accetta accordo ostaggi

Onu: 1760 palestinesi uccisi a Gaza in due mesi mentre erano alla ricerca di aiuti. Un’inchiesta rivela l’esistenza di un’unità dell’IDF per screditare i giornalisti
domenica, 17 Agosto 2025
2 minuti di lettura

L’emergenza nella Striscia continua a intrecciarsi con il conflitto militare e con la battaglia delle narrazioni. Mentre le famiglie israeliane chiedono un accordo per gli ostaggi, l’Onu aggiorna i bilanci delle vittime civili e i media sollevano interrogativi sulla gestione dell’informazione in tempo di guerra. Nove civili palestinesi sono stati uccisi e altri feriti ieri in un centro di distribuzione umanitaria nel nord della Striscia, secondo l’agenzia Wafa. Testimoni riferiscono che le truppe israeliane avrebbero aperto il fuoco con mitragliatrici contro operatori umanitari e persone in attesa. Al Jazeera parla di almeno 25 palestinesi uccisi dall’alba, di cui 12 nei pressi dei centri per la consegna degli aiuti. La tragedia si inserisce in un contesto in cui, secondo le Nazioni Unite, migliaia di civili sono rimasti vittime mentre cercavano cibo e medicinali. Parallelamente è morta ieri a Pisa la ventenne palestinese Marah Abu Zuhri, giunta meno di 24 ore prima con un volo militare nell’ambito dell’operazione umanitaria italiana a sostegno delle vittime civili di Gaza. La ragazza, gravemente malnutrita, era stata ricoverata d’urgenza all’ospedale di Cisanello subito dopo l’atterraggio, ma le sue condizioni erano apparse critiche fin dall’inizio. Il volo, partito da Eilat con altri pazienti palestinesi e familiari, era stato organizzato dal governo italiano per offrire cure mediche in Italia. La morte della giovane palestinese a Pisa rappresenta un simbolo drammatico della condizione di un’intera generazione segnata da fame, violenza e assenza di prospettive.

Onu: almeno 1.760 palestinesi uccisi mentre attendevano aiuti

L’Ufficio delle Nazioni Unite per i diritti umani a Gaza ha diffuso un nuovo bilancio drammatico: 1.760 palestinesi uccisi tra fine maggio e metà agosto mentre cercavano di ricevere assistenza umanitaria. Di questi, 994 sono morti nelle vicinanze dei siti della Gaza Humanitarian Foundation, sostenuta da Stati Uniti e Israele, e 766 lungo i convogli di rifornimento. L’Onu sottolinea che la gran parte delle vittime è stata colpita dall’esercito israeliano, pur ammettendo la presenza di elementi armati nelle aree degli attacchi. Si tratta di un aumento di diverse centinaia di morti rispetto all’ultimo bilancio del 1° agosto.

Protesta nazionale in Israele: “Riportateli a casa”

Intanto, in Israele cresce la pressione interna sul governo. Il Forum delle famiglie degli ostaggi ha lanciato un appello per un blocco totale del Paese previsto per oggi, in occasione della Giornata nazionale di sciopero. “In tutto Israele centinaia di iniziative fermeranno la vita quotidiana per unirsi nella lotta più giusta e morale: riportare a casa i nostri cari”, hanno dichiarato i promotori. A Tel Aviv sono attesi quasi un milione di manifestanti in Piazza degli Ostaggi, con l’arrivo di circa 200 autobus da tutto il Paese.

Hamas valuta un accordo parziale

Sul fronte dei negoziati, secondo il canale israeliano Channel 12, Hamas avrebbe aperto alla possibilità di un “accordo parziale” che prevederebbe il rilascio di 10 ostaggi vivi e 18 salme in cambio di un cessate il fuoco di 60 giorni e della liberazione di prigionieri palestinesi. Il documento citato dai media sarebbe arrivato sulla scrivania di Netanyahu poche ore dopo l’incontro a Doha tra il direttore del Mossad, David Barnea, e il premier del Qatar. Se confermata, la svolta segnerebbe un cambio di rotta rispetto alle posizioni intransigenti espresse in passato sia da Israele che da Hamas.

unità dell’IDF per screditare i giornalisti

Un’inchiesta del magazine israelo-palestinese +972 ha rivelato l’esistenza di una “cellula di legittimazione” all’interno dell’esercito israeliano, incaricata di raccogliere informazioni per diffamare giornalisti a Gaza, accusandoli falsamente di legami con Hamas. L’obiettivo sarebbe stato ridurre l’impatto internazionale delle denunce sull’uccisione di reporter. In almeno un caso, secondo tre fonti di intelligence citate dal giornale, un giornalista è stato falsamente indicato come militante, un’etichetta che equivale a una condanna a morte. La rivelazione arriva pochi giorni dopo l’uccisione del reporter di Al Jazeera Anas al-Sharif, presentato come comandante di Hamas prima che la designazione fosse ritirata.

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