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Il Presidente del Consiglio dei Ministri, Giorgia Meloni

Meloni: “Spiragli di pace in Ucraina, servono garanzie di sicurezza”

Dal Cremlino arrivano condizioni pesanti: ritiro dal Donetsk, riconoscimento del russo come lingua ufficiale e tutele per le chiese ortodosse. Dichiarazione congiunta dei leader Ue: “Mosca non può avere un diritto di veto”. Zelensky atteso domani a Washington
domenica, 17 Agosto 2025
5 minuti di lettura

C’è aria di svolta, o almeno la speranza che qualcosa si stia muovendo. Dopo quasi tre anni di guerra in Ucraina, l’incontro in Alaska tra Donald Trump e Vladimir Putin ha riaperto la discussione su un possibile percorso verso la pace. A sostenerlo è il Premier Giorgia Meloni, che in una dichiarazione ufficiale ha salutato “con favore gli spiragli che si aprono per discutere di una soluzione negoziata”. Un segnale che l’Europa non intende rimanere spettatrice passiva mentre Washington e Mosca provano a riallacciare i fili di un dialogo finora spezzato. Meloni non ha nascosto le difficoltà di un percorso che resta fragile, ma ha sottolineato un punto centrale: le garanzie di sicurezza. “Solo robuste e credibili garanzie potranno scongiurare nuove invasioni russe”, ha spiegato il Primo Ministro, ricordando che proprio l’Italia aveva proposto un modello ispirato all’articolo 5 della Nato. Una sorta di clausola di difesa collettiva che obbligherebbe tutti i partner, dagli Stati Uniti ai Paesi europei, ad attivarsi automaticamente in caso di nuova aggressione contro Kiev.

Un approccio che, secondo Roma, è l’unico in grado di dare fiducia all’Ucraina e di aprire la strada a un accordo politico stabile. “La strada non è semplice, ma è importante che sia stata imboccata”, ha aggiunto Meloni.

Zelensky a Washington

Il Presidente ucraino Volodymyr Zelensky, intanto, si prepara a un nuovo faccia a faccia con Trump. Dopo l’incontro del Tycoon con Putin ad Anchorage, il leader di Kiev sarà domani a Washington per discutere dei prossimi passi (allʼincontro sono stati invitati anche i leader europei). Su X Zelensky ha scritto: “Abbiamo ribadito la nostra disponibilità a lavorare con il massimo impegno per raggiungere la pace. Sosteniamo la proposta di Trump di un incontro trilaterale con gli Stati Uniti e la Russia”. Un formato che non convince del tutto i partner europei, timorosi di restare marginali in una trattativa che potrebbe ridisegnare gli equilibri continentali. Lo stesso Zelensky, comunque, ha chiarito che “è fondamentale che gli europei siano coinvolti in ogni fase, per garantire garanzie di sicurezza solide insieme all’America”.

La dichiarazione dei leader europei

In una nota congiunta diffusa all’alba di ieri, la Pesidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen, Emmanuel Macron, Friedrich Merz, Keir Starmer, Alexander Stubb, Donald Tusk, Antonio Costa e la stessa Giorgia Meloni hanno accolto “con favore gli sforzi del presidente Trump per fermare le uccisioni in Ucraina”. Il documento ha ribadito che l’Ucraina deve avere “garanzie di sicurezza solide e vincolanti” e che “la Russia non può avere un diritto di veto sul percorso di Kiev verso l’Unione europea e la Nato”. Una posizione netta, che conferma la volontà di non cedere a compromessi sulle prospettive euro-atlantiche del Paese invaso.

Putin: “Dialogo sincero e costruttivo”

Dal Cremlino Putin ha parlato di un incontro “utile e tempestivo”, definendolo “sincero e concreto”. Parole che hanno lasciatointendere la volontà russa di non chiudere del tutto la porta a un negoziato, pur mantenendo ambiguità su quali possano essere le vere concessioni di Mosca.

Rispettiamo la posizione degli Stati Uniti e desideriamo risolvere pacificamente il conflitto”, ha spiegato il Presidente russo, che però ha rimarcato la necessità di affrontare “tutte le cause profonde della crisi” e di garantire “il giusto equilibrio di sicurezza in Europa”. Un riferimento che sembra preludere a nuove richieste russe di limitazioni alle forze ucraine e all’Alleanza Atlantica.

La conferenza lampo di Anchorage

I contenuti concreti, però, restano esigui. Dopo quasi tre ore di colloqui, Trump e Putin hanno rilasciato solo una breve dichiarazione in conferenza stampa, senza rispondere alle domande dei giornalisti. Alle loro spalle, lo slogan ʼPursuingPeaceʼ suonava quasi ironico. Nessun cessate il fuoco, nessun accordo preliminare: la parte economica dei colloqui, che avrebbe dovuto riguardare scambi e sanzioni, è stata addirittura cancellata. Un epilogo che molti osservatori hanno letto come una vittoria d’immagine per Putin e una battuta d’arresto per Trump.

Secondo quanto riferito dal ʼFinancial Timesʼ, Putin avrebbe posto all’Ucraina la condizione di ritirarsi dalla regione orientale di Donetsk come prerequisito per porre fine alla guerra. A Trump il leader del Cremlino avrebbe inoltre prospettato la possibilità di congelare il resto della linea del fronte nel caso in cui le richieste principali venissero accettate. Anche il ʼNew York Timesʼ ha riportato altre condizioni avanzate dal capo del Cremlino, secondo cui Kiev dovrebbe riconoscere il russo come lingua ufficiale e fornire garanzie di sicurezza per le chiese ortodosse legate a Mosca.

Le reazioni della stampa internazionale

La stampa occidentale è stata unanime nel giudicare il vertice come deludente. Il ʼNew York Timesʼ ha scritto che l’incontro è “praticamente finito prima di cominciare”, mentre il ʼWashingtonPostʼ ha evidenziato “l’assenza di progressi sul cessate il fuoco”. In Europa, ʼLe Figaroʼ ha parlato di “un ritorno spettacolare di Putin sulla scena internazionale”, mentre ʼLe Mondeʼ ha sottolineato l’impatto mediatico a favore del Cremlino. Il quotidiano tedesco ʼFazʼ è stato ancora più duro: “Trump ha fatto da spalla a Putin senza riuscire nemmeno a nominare la parola tregua”.

L’opposizione italiana

In Italia le opposizioni non hanno risparmiato critiche. La Segretaria del Pd Elly Schlein ha giudicato “fuori luogo” i toni trionfalistici del governo: “L’Ucraina non c’era, l’Europa non c’era. Non si può negoziare la pace senza Kiev e l’Ue”. Per Giuseppe Conte, leader del Movimento 5 Stelle, l’Europa “ha scelto di scommettere sulla vittoria militare dell’Ucraina, illusione ormai svanita”. Secondo l’ex Premier, Meloni oggi celebra “spiragli di pace” ma dopo aver condotto per tre anni “una politica guerrafondaia e ostile ai negoziati”.

Trump insiste

Rientrato a Washington, Trump ha difeso la sua scelta di incontrare Putin. “Non c’è un accordo finché non c’è un accordo”, ha ribadito, scaricando però la responsabilità delle decisioni su Kiev e sull’Europa. “Spetta a Zelensky discutere dei territori e a noi garantire la sicurezza”.

Una posizione che cerca di equilibrare la promessa di sostegno con la volontà, più volte espressa dal Tycoon, di ridurre il coinvolgimento diretto degli Stati Uniti nei conflitti esteri.

L’Europa cerca un ruolo

La sensazione è che, ancora una volta, il Vecchio Continente rischi di restare ai margini. Nonostante la dichiarazione unitaria dei leader, la trattativa appare dominata dall’asse Washington-Mosca con la variabile Zelensky. Per questo, Meloni insiste sulla necessità di mantenere una ʼCoalizione dei Volenterosiʼ coesa, capace di accompagnare i negoziati senza lasciare l’Ucraina sola davanti alle pressioni del Cremlino. Il vertice di Anchorage non ha portato soluzioni immediate, ma ha riaperto una porta che sembrava chiusa. Da una parte, l’opportunità di un tavolo negoziale che includa Kiev, Washington e Mosca, con il supporto europeo. Dall’altra, il rischio che i sorrisi di Putin e Trump restino solo un’operazione di immagine, senza effetti concreti sul terreno.

La guerra continua, e con essa il tributo di vite e distruzioni. Gli “spiragli di pace” evocati da Meloni sono ancora flebili, ma per la prima volta da mesi si intravede almeno la possibilità di una trattativa. Resta da capire se questa possibilità sarà colta o se verrà spazzata via dall’ennesima ondata di violenza sul fronte.

A proposito della ʼCoalizione dei Volenterosiʼ, oggi alle 15 ci sarà una riunione che vedrà protagonisti Meloni, il Presidente francese Emmanuel Macron, il Cancelliere tedesco Friedrich Merz e il Premier britannico Keir Starmer.

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