La cittadina spagnola di Jumilla, nella regione di Murcia, è diventata il centro di un acceso dibattito nazionale dopo l’approvazione di una mozione che vieta l’uso di spazi pubblici per celebrazioni religiose non organizzate dal Comune. Sebbene il testo non menzioni esplicitamente l’Islam, il provvedimento ha colpito in modo diretto la comunità musulmana locale, che rappresenta circa il 7,5% della popolazione, principalmente di origine nordafricana. Il divieto riguarda eventi come Eid al-Fitr e Eid al-Adha, tradizionalmente celebrati nei centri civici e nelle strutture sportive della città. La mozione, proposta dal Partito Popolare (PP) e sostenuta dall’astensione del partito di estrema destra Vox, è stata definita da molti come “islamofobica e discriminatoria”. Vox ha celebrato la decisione come “la prima misura in Spagna per vietare le festività islamiche negli spazi pubblici”, rivendicando le “radici cristiane” del Paese. La reazione della comunità musulmana è stata immediata. Mounir Benjelloun Andaloussi Azhari, presidente della Federazione Spagnola delle Organizzazioni Islamiche, ha dichiarato: “Non si stanno scagliando contro altre religioni, si stanno scagliando contro la nostra. Per la prima volta in 30 anni, ho paura”. Anche il governo centrale, guidato dal Partito Socialista (PSOE), ha condannato la misura. Il ministro Félix Bolaños ha ricordato che la libertà religiosa è tutelata dalla Costituzione spagnola, e ha annunciato un monitoraggio attento per prevenire derive discriminatorie e discorsi d’odio. La decisione di Jumilla solleva interrogativi più ampi sul concetto di “identità culturale” e sul ruolo delle istituzioni locali nel garantire diritti fondamentali. In una Spagna che vanta una lunga storia di convivenza multiculturale, il caso potrebbe segnare un precedente pericoloso.
