Taiwan torna alle urne per un appuntamento elettorale inedito e carico di tensioni geopolitiche. Oggi, sabato 26 luglio, milioni di cittadini sono chiamati a votare per le elezioni di revoca che potrebbero rimuovere 24 parlamentari del Kuomintang (KMT), il principale partito di opposizione, accusati da gruppi civici di eccessiva vicinanza a Pechino. Il voto, previsto dalla Costituzione taiwanese, consente agli elettori di destituire un rappresentante prima della scadenza del mandato. Perché la revoca sia valida, è necessario che almeno il 40% degli aventi diritto di ciascun distretto esprima parere favorevole. In caso di successo, si terranno elezioni suppletive entro tre mesi, aperte a tutti i partiti. La posta in gioco è alta. Il Partito Democratico Progressista (DPP), al governo con il presidente William Lai, spera di ottenere una maggioranza parlamentare che gli è sfuggita alle elezioni legislative dello scorso anno. Da allora, il KMT e i suoi alleati hanno bloccato riforme chiave, tra cui il bilancio della difesa, alimentando timori sulla capacità di Taiwan di fronteggiare le pressioni cinesi. La Cina, che considera l’isola parte del proprio territorio, ha reagito con durezza. Il Consiglio per gli Affari continentali di Taiwan ha denunciato “tentativi evidenti di interferenza” da parte del Partito Comunista Cinese, accusato di voler influenzare l’esito del voto attraverso campagne di disinformazione e pressioni economiche. Pechino ha respinto le accuse, ribadendo la necessità di mantenere “canali di comunicazione aperti” con l’isola. Nel frattempo, migliaia di manifestanti si sono radunati a Taipei sotto la pioggia per sostenere la revoca. Scrittori, attivisti e musicisti hanno preso la parola, invocando “una democrazia più forte e meno vulnerabile alle ingerenze esterne”. Il voto di oggi rappresenta un banco di prova per la tenuta istituzionale di Taiwan e per il futuro delle relazioni con la Cina.