Il governo iraniano sta seriamente considerando l’ipotesi di trasferire la capitale, Teheran, a causa della crescente crisi idrica che minaccia la sopravvivenza della metropoli. Lo ha confermato il presidente Masoud Pezeshkian, rilanciando un progetto discusso sin dai tempi della Rivoluzione islamica: spostare il centro politico e amministrativo verso la regione del Makran, affacciata sul Golfo di Oman. La decisione arriva in un momento critico. Il 23 luglio, le autorità hanno dichiarato un giorno festivo per risparmiare acqua ed energia. Le temperature hanno superato i 50°C in alcune zone del paese, mentre Teheran, con oltre 14 milioni di abitanti, rischia di rimanere senz’acqua. Le riserve idriche sono ai minimi storici, con livelli tra il 50% e il 70% inferiori rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. A peggiorare la situazione, il fenomeno della subsidenza — l’abbassamento del terreno causato dall’eccessivo sfruttamento delle falde acquifere — sta compromettendo edifici, infrastrutture e la rete ferroviaria. In alcune aree della capitale il suolo sprofonda fino a 30 centimetri l’anno. Il trasferimento della capitale, sebbene ancora lontano dalla realizzazione, rappresenterebbe una svolta epocale. Dopo l’Indonesia, l’Iran potrebbe diventare il secondo paese a spostare la propria città principale per motivi ambientali. Tuttavia, il progetto solleva dubbi: i costi sarebbero enormi e anche sulla costa l’acqua dolce scarseggia. Nel frattempo, il governo ha avviato negoziati con Turkmenistan, Afghanistan, Tagikistan e Uzbekistan per importare acqua, e sta investendo in impianti di desalinizzazione. Ma gli esperti avvertono: senza un cambio radicale nel modello di sviluppo agricolo e urbano, la crisi idrica rischia di diventare permanente. La capitale iraniana, un tempo simbolo di modernità e crescita, oggi si trova sull’orlo dell’inabitabilità. E con essa, l’intero paese è chiamato a ripensare il proprio futuro.
