Manca poco al primo agosto, data indicata dall’amministrazione statunitense per l’eventuale applicazione dei dazi fino al 30% sui prodotti europei. Ma l’effetto più immediato non arriva dalle dogane, bensì dalle previsioni economiche: a lanciare l’allarme è Confesercenti, secondo cui l’incertezza generata dalla prospettiva di una nuova guerra commerciale ha già causato un rallentamento marcato della crescita italiana. Le ultime stime segnalano un taglio di 5,7 miliardi alle previsioni di PIL rispetto a quelle formulate a inizio anno. E lo scenario potrebbe peggiorare ulteriormente nel secondo semestre del 2025, con un ulteriore ribasso da 2 miliardi. Non sono solo le tariffe a preoccupare, ma la loro minaccia. L’aumento dell’indeterminatezza, in un contesto già fragile, ha provocato un primo deterioramento dei documenti di programmazione economica. Le previsioni ufficiali mantengono ancora una cauta speranza di accelerazione nel biennio successivo – +0,6% nel 2025, +0,8% nel 2026 – ma secondo Confesercenti anche in assenza dei dazi la crescita effettiva del PIL italiano potrebbe fermarsi allo 0,5% già quest’anno. Un rallentamento che inciderebbe soprattutto sulle esportazioni, previste in calo dello 0,3% rispetto al 2024.
Qualora i dazi del 30% promessi dall’amministrazione Trump venissero davvero applicati, il conto per l’economia italiana rischia di essere molto più salato. Confesercenti prevede per il 2026 una contrazione delle esportazioni Made in Italy di circa 20 miliardi di euro. A farne le spese non sarebbe solo il commercio estero, ma anche il mercato del lavoro, con un’impennata della disoccupazione fino al 6,9%. L’impatto si estenderebbe anche alla domanda interna: le famiglie ridurrebbero la loro spesa complessiva di circa 10 miliardi, determinando di fatto una crescita zero per il PIL.
Turismo e fiducia in calo
A completare il quadro, si aggiunge il rischio valutario. Il previsto indebolimento del dollaro – effetto collaterale di una politica commerciale aggressiva – potrebbe penalizzare anche uno dei settori più dinamici dell’economia italiana: il turismo. Una svalutazione della valuta statunitense ridurrebbe l’arrivo di visitatori Usa, storicamente tra i più presenti e spendaccioni nel nostro Paese. Oltre ai numeri, c’è un clima che si va incrinando. La crisi dei dazi mette in luce un raffreddamento delle relazioni tra Europa e Stati Uniti, un tempo salde, oggi sempre più segnate da diffidenza reciproca. Da partner strategici a interlocutori guardinghi, la distanza crescente rischia di alimentare nuove instabilità. E l’instabilità, come dimostrano le stime, è uno dei nemici più insidiosi per ogni economia.