venerdì, 18 Luglio, 2025
Esteri

Gaza, colpita una chiesa cattolica: due donne uccise, ferito un sacerdote. Meloni: “Inaccettabili attacchi a civili”

Israele: "Errore di tiro". Tajani sente Saar: "Fare luce sul raid alla Chiesa". L'esercito siriano si ritira da Sweida

Una chiesa cattolica, simbolo di accoglienza e umanità nella devastata Striscia di Gaza, è stata colpita ieri da un carro armato israeliano durante un raid che ha provocato la morte di due donne palestinesi. La chiesa della Sacra Famiglia, gestita dal Patriarcato latino di Gerusalemme e rifugio per sfollati e feriti, è stata colpita “per errore”, secondo l’esercito israeliano (IDF). Ferito anche padre Gabriel Romanelli, parroco argentino da anni impegnato nella comunità locale. Le vittime sono una donna di 60 anni, custode della struttura, e un’anziana di 84 anni che stava ricevendo assistenza. Il cardinale Pierbattista Pizzaballa, patriarca dei Latini, ha confermato che “è stato un carro armato a colpire direttamente la chiesa” e ha aggiunto che “non è ancora chiaro se si sia trattato di un errore, come sostiene Israele”. Pizzaballa ha ribadito che la comunità cattolica di Gaza “non sarà mai lasciata sola” e ha chiesto che si concluda al più presto una guerra definita “senza senso”. Anche il Papa è intervenuto con un messaggio della Segreteria di Stato vaticana: Leone XIV ha espresso “profonda tristezza” per l’ennesimo attacco contro civili innocenti, invocando “un cessate il fuoco immediato” e un percorso di pace. L’Ordine di Malta, molto attivo nella chiesa della Sacra Famiglia tramite il progetto Malteser International, ha definito “inammissibile” l’attacco, ricordando che il luogo colpito ospitava sfollati e distribuiva cibo e aiuti umanitari.

Reazioni internazionali

Dal mondo politico italiano si sono levate voci di condanna. Il ministro degli Esteri Antonio Tajani ha telefonato al collega israeliano Gideon Saar chiedendo chiarezza sull’accaduto e ribadendo “l’intollerabilità della situazione”. Ha anche espresso solidarietà a padre Romanelli. La premier Giorgia Meloni, in un post su X, ha definito “inaccettabili” gli attacchi contro i civili, aggiungendo che “nessuna azione militare può giustificare simili atti”. Ancora più duro il ministro della Difesa Guido Crosetto, che ha parlato di “strage disumana” e ha invitato Israele a non cadere nella trappola di Hamas: “La guerra contro Hamas deve continuare, ma quella contro Gaza deve finire. Le due cose non sono sovrapponibili”. Crosetto ha criticato l’uso eccessivo della forza contro i civili, ribadendo che “difendere il diritto internazionale è parte della difesa stessa di Israele”. La Francia, tramite il ministro degli Esteri Jean-Noël Barrot, ha parlato di “attacco intollerabile”, ricordando che la chiesa è storicamente sotto la protezione francese. Hamas, da parte sua, ha definito l’azione israeliana “un crimine di guerra contro luoghi di culto e sfollati”. L’attacco alla chiesa si inserisce in un contesto già drammatico. Ieri almeno 74 palestinesi sono stati uccisi in diversi bombardamenti. Tra loro, 20 persone in fila per ricevere aiuti alimentari presso una sede della Gaza Humanitarian Foundation. Secondo la GHF, nella calca alcuni membri della folla erano armati e un medico americano è stato ferito con un coltello. Intanto, sul fronte diplomatico si registrano timidi progressi. Fonti di Hamas hanno dichiarato di aver accettato una nuova mappa proposta da Israele per un cessate il fuoco, che prevede il ritiro dal corridoio Morag e una permanenza limitata lungo il confine egiziano. Le trattative, in corso a Doha, sembrano aver superato uno dei principali ostacoli, anche se restano incognite sui movimenti delle truppe israeliane durante la tregua.

Siria: raid, vendette e accuse incrociate

Mentre a Gaza si tenta di riaprire uno spiraglio negoziale, la situazione in Siria precipita. Dopo giorni di scontri violenti nella regione di Sweida, a maggioranza drusa, l’esercito siriano si è ritirato ma ha lasciato una scia di sangue. Secondo l’Osservatorio siriano per i diritti umani, almeno 27 persone, tra cui due donne, sono state giustiziate sommariamente da truppe filogovernative. Il bilancio complessivo degli scontri, durati quattro giorni, è salito a 347 morti, in gran parte membri delle forze di Damasco. Dopo la tregua, milizie druse hanno lanciato attacchi di vendetta contro villaggi beduini sunniti, accusati di aver sostenuto l’esercito. Decine di famiglie sono in fuga. Il presidente turco Erdogan, in una telefonata con il leader siriano Ahmad al-Shara, ha condannato “gli attacchi israeliani in Siria” e dichiarato che “la Turchia è al fianco della Siria”. Israele, da parte sua, ha rivendicato gli attacchi a Damasco e Sweida come una “risposta di forza” alle violenze contro la minoranza drusa. “È un cessate il fuoco ottenuto con la forza, non con le suppliche”, ha dichiarato Netanyahu. Tuttavia, secondo il consigliere siriano Ibrahim Olabi, i bombardamenti israeliani stanno ostacolando i lavori dell’Organizzazione per la Proibizione delle Armi Chimiche (OPCW) per localizzare e distruggere gli arsenali del regime di Assad. Una visita degli ispettori è stata rinviata, e martedì prossimo l’OPCW terrà una riunione urgente sulla questione.

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