Nel 2024, il 26,7 per cento dei minori italiani con meno di 16 anni si trova in una condizione di rischio povertà o esclusione sociale. Questo significa che più di uno su quattro vive in una situazione in cui mancano risorse economiche adeguate, opportunità educative o condizioni di vita dignitose. La definizione di “a rischio” comprende tre elementi: reddito basso, grave deprivazione materiale oppure una situazione familiare di bassa intensità lavorativa, cioè quando nessun adulto lavora regolarmente.
Il Mezzogiorno resta l’area più colpita
Le differenze geografiche sono marcate. Nelle regioni del Sud e nelle Isole, i minori a rischio arrivano al 43,6 per cento, mentre nel Nord e nel Centro la situazione è meno grave. Circa la metà dei bambini italiani in difficoltà vive nel Mezzogiorno, dove le condizioni economiche delle famiglie sono mediamente più fragili. In queste aree, anche la qualità dei servizi e le possibilità di inserimento sociale risultano più limitate.
Più fratelli, più rischi
La composizione familiare incide in modo significativo. Nei nuclei con entrambi i genitori, la presenza di più figli alza il livello di rischio dal 18,1 al 26,2 per cento. Quando c’è un solo genitore e ci sono anche fratelli, il rischio schizza al 53,3 per cento. Anche l’occupazione dei genitori fa la differenza: nei nuclei dove c’è un solo percettore di reddito, oltre la metà dei bambini è in condizione di fragilità. Nelle famiglie con più di un reddito, il dato scende al 18 per cento.
La scuola dei genitori conta
Il titolo di studio dei genitori è un altro fattore decisivo. Quando i genitori hanno al massimo la licenza media, il 51,8 per cento dei figli è in difficoltà. Se almeno uno dei genitori ha una laurea, il rischio si abbassa al 10,3 per cento. Il livello di istruzione incide anche sulla capacità di orientare i figli, di accedere ai servizi e di sostenere le spese per scuola, cultura e attività extrascolastiche.
Minori stranieri più esposti
La cittadinanza rappresenta un’altra linea di frattura. Il 43,6 per cento dei minori con cittadinanza straniera si trova in condizione di rischio, contro il 23,5 per cento dei bambini italiani. Nel Mezzogiorno, la forbice si allarga ancora: quasi otto minori stranieri su dieci risultano in difficoltà, rispetto al 40,9 per cento degli italiani. Tuttavia, più del 49 per cento dei minori poveri è italiano e residente nel Sud, a conferma che l’origine non è l’unico elemento da considerare.
Difficoltà anche nel cibo
L’Istat ha rilevato anche una condizione di insicurezza alimentare, cioè quando una famiglia fatica a garantire pasti completi. Ne soffre il 4,9 per cento dei minori in Italia, con punte che raggiungono l’8,9 per cento al Sud. Al Centro e al Nord le percentuali sono più contenute, rispettivamente al 2,1 e al 3,1 per cento.
Non solo soldi: la deprivazione sociale
L’Istat misura anche una forma di disagio che non riguarda solo i soldi ma anche l’accesso a oggetti, esperienze o relazioni fondamentali. Si parla in questo caso di deprivazione materiale e sociale specifica per i minori. L’11,7 per cento dei bambini presenta almeno tre segnali di difficoltà tra i diciassette indicatori considerati. Si tratta per esempio dell’impossibilità di fare sport, di andare in vacanza o di avere una connessione internet stabile. La media italiana è inferiore a quella europea, che si attesta al 13,6 per cento.
L’abitazione incide sul benessere
La casa in cui si vive può fare la differenza. Più del 22 per cento delle famiglie con figli minori paga un mutuo e quasi il 24 per cento vive in affitto. Queste famiglie sono spesso più esposte agli aumenti dei prezzi e alle difficoltà nel pagamento delle spese fisse. L’abitazione, oltre ad avere un peso economico, è anche il luogo in cui si costruiscono stabilità, relazioni e sicurezza.
Povertà che si trasmette
Secondo i dati europei, un bambino che cresce in una famiglia in difficoltà ha molte più probabilità di trovarsi povero anche da adulto. In Italia, chi a 14 anni viveva in condizioni di disagio ha oggi, tra i 25 e i 59 anni, una probabilità del 34 per cento di essere povero. Se invece i genitori vivevano in buone condizioni economiche, il rischio scende al 14,4 per cento. È una differenza di quasi venti punti, che mostra quanto le opportunità si ereditino, nel bene e nel male.