mercoledì, 9 Luglio, 2025
Esteri

Netanyahu candida Trump al Nobel per la pace, mentre a Doha si cerca una tregua

Rapporto shock: Hamas ha usato la violenza sessuale come arma di guerra. Fonti israeliane: "Cessate il fuoco concordato al 90%"

In un gesto clamoroso destinato a far discutere, Benjamin Netanyahu ha sorpreso Donald Trump candidandolo ufficialmente al Premio Nobel per la pace. Durante una cena alla Casa Bianca, il premier israeliano ha consegnato al presidente statunitense la lettera inviata al comitato del Nobel, elogiandone “la leadership globale e il ruolo determinante nel promuovere pace e sicurezza in Medio Oriente”, con esplicito riferimento agli Accordi di Abramo e agli sforzi in corso per ottenere una tregua tra Israele e Hamas. Trump, da parte sua, si è detto fiducioso che Hamas accetterà un cessate il fuoco. “Vogliono incontrarsi, vogliono il cessate il fuoco”, ha dichiarato alla stampa, ribadendo l’impegno americano nel sostenere la fine delle ostilità nella Striscia di Gaza. Ha poi accennato anche a possibili colloqui con l’Iran, affermando che Teheran “ha chiesto un incontro”, ma ha preferito non specificare una data. La replica di Teheran, però, non si è fatta attendere: secondo il portavoce del ministero degli Esteri iraniano, “non è stata fatta alcuna richiesta” di colloquio con Washington. Nel frattempo, l’Onu denuncia una grave emergenza umanitaria a Gaza. Da quattro mesi Israele non consente l’ingresso di carburante nella Striscia, ha spiegato il portavoce Stéphane Dujarric: “Senza carburante non ci sono ambulanze, elettricità per gli ospedali o acqua potabile. Le scorte rimaste servono solo a tenere in vita le strutture sanitarie. Ma il tempo sta per scadere”. Interpellato a margine di un evento alla Camera. il vicepremier e ministro degli Esteri Antonio Tajani ha commentato: “Trump Nobel per la pace? E’ una proposta di Netanyahu. Si vedranno poi le valutazioni che farà il comitato. Noi siamo sempre per la pace, per tutti quelli che lavorano per la pace e sosteniamo tutti i progetti americani, sia per la pace in Medio Oriente sia per la pace in Ucraina. Mi pare che Trump stia lavorando per il cessate il fuoco, stia lavorando per una tregua in Ucraina, che il progetto sia quello”.

Negoziati

Intanto, mentre a Doha proseguono i negoziati tra Israele e Hamas, con il Qatar come mediatore, fonti israeliane parlano di un’intesa ormai vicina. “L’accordo copre l’80-90% delle richieste israeliane”, ha riferito un funzionario al Times of Israel, precisando che l’obiettivo finale resta la completa scomparsa di Hamas dalla Striscia. Tuttavia, le trattative sono tutt’altro che lineari. Il ministro israeliano Zeev Elkin ha confermato che ci sono progressi, ma ha ammesso che Hamas “vuole cambiare poche questioni centrali”, rendendo il processo complesso. Molto più netti sono stati gli esponenti dell’estrema destra israeliana. Itamar Ben Gvir ha chiesto il ritiro immediato della delegazione israeliana da Doha, definendo Hamas “assassini” con cui non si dovrebbe trattare. Il ministro Bezalel Smotrich ha rincarato la dose, affermando che “un assedio totale, la pressione militare, l’incoraggiamento all’emigrazione e gli insediamenti ebraici sono le chiavi per risolvere il conflitto”.

Rapporto Dinah

Sul fronte interno israeliano, un altro dossier scuote le coscienze: il ‘Rapporto Dinah’, pubblicato integralmente ieri, denuncia l’uso sistematico della violenza sessuale da parte di Hamas durante il massacro del 7 ottobre 2023 e durante la successiva prigionia degli ostaggi a Gaza. Un documento di 84 pagine raccoglie decine di testimonianze e prove, rivelando che gli stupri sono stati utilizzati come arma tattica di guerra. Le violenze si sono verificate in almeno sei località – tra cui il Festival Nova, l’autostrada 232 e i kibbutz di Nir Oz, Reim e Kfar Gaza – e sono proseguite nei mesi successivi nei tunnel e nelle celle dove venivano detenuti gli ostaggi. Particolarmente toccante è stata la testimonianza di Ilana Grichowski, ex ostaggio, che ha parlato pubblicamente per la prima volta durante la presentazione del rapporto alla moglie del presidente israeliano Herzog, Michal. “Ricordo mani che non erano le mie sul mio corpo. Ricordo il buio. Mi hanno picchiata, mi hanno toccata, non sapevo cosa fosse successo nei minuti persi, ma sapevo che niente sarebbe stato più come prima“, ha detto. Raccontando l’inferno vissuto durante i 55 giorni di prigionia – torture fisiche, fame, sete, ossa spezzate – Ilana ha sottolineato come la libertà vera esista solo quando nessun altro deve subire quello che lei ha subito. Il documento, fortemente voluto proprio dalla First Lady israeliana, accusa Hamas di aver deliberatamente colpito donne e uomini con stupri, mutilazioni e altre forme di abuso, come parte di una strategia bellica. Alcuni ostaggi sarebbero stati costretti a subire violenze sessuali anche dopo la cattura, nella fase di prigionia a Gaza. Il messaggio di Ilana si è chiuso con un appello alla memoria e alla giustizia: “Sono qui oggi per ogni donna che ancora non riesce a parlare. Per ogni uomo ferito che soffoca nel silenzio. Perché la gente ci creda. Perché tutto questo non venga dimenticato”.

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