Il Dalai Lama ha compiuto oggi 90 anni, circondato dall’affetto di migliaia di fedeli accorsi nel monastero di McLeod Ganj, ai piedi dell’Himalaya indiano. Tenzin Gyatso, guida spirituale del popolo tibetano e Premio Nobel per la Pace nel 1989, ha celebrato il traguardo con una cerimonia sobria ma intensa, scandita da canti, danze rituali e preghiere per la pace nel mondo. “Non sono che un semplice monaco buddista”, ha dichiarato con il suo consueto sorriso, mentre camminava sorretto da due monaci, avvolto nella tradizionale tunica bordeaux e nel mantello giallo. Eppure, la sua figura continua a incarnare un simbolo globale di compassione, nonviolenza e resistenza culturale. Nato il 6 luglio 1935 in un villaggio del Tibet nord-orientale, Tenzin Gyatso fu riconosciuto a due anni come reincarnazione del XIII Dalai Lama. Dopo l’invasione cinese del Tibet nel 1950, assunse pieni poteri politici a soli 15 anni. Nel 1959, in seguito alla repressione delle rivolte a Lhasa, fu costretto all’esilio in India, dove ha fondato il governo tibetano in esilio. Le celebrazioni del novantesimo compleanno sono state accompagnate da un messaggio chiaro: “Spero di vivere altri 30 o 40 anni per continuare a servire il Dharma e gli esseri senzienti”. Ma l’ombra della Cina incombe. Pechino rivendica il diritto di nominare il suo successore, mentre il Dalai Lama ha ribadito che la scelta spetterà esclusivamente al Gaden Phodrang Trust, l’istituzione da lui fondata. Tra gli ospiti, anche l’attore Richard Gere, storico sostenitore della causa tibetana: “Sua Santità appartiene al mondo intero”, ha dichiarato commosso. Mentre il mondo celebra il suo sorriso, il futuro della sua eredità spirituale resta incerto. Ma oggi, a Dharamsala, ha vinto la speranza.
