Pedro Sánchez affronta la crisi politica più grave del suo mandato. Dopo settimane di tensioni, il premier spagnolo si trova ora al centro di una bufera giudiziaria che scuote le fondamenta del Partito Socialista (PSOE) e minaccia la tenuta del suo governo. L’arresto di Santos Cerdán, ex segretario all’organizzazione del partito, con accuse di corruzione, traffico di influenze e associazione a delinquere, ha aperto un vaso di Pandora che coinvolge anche figure vicine al presidente del governo. A peggiorare la situazione, le recenti dimissioni di Francisco “Paco” Salazar, dirigente chiave del PSOE, travolto da accuse di molestie sessuali e abuso di potere. Sebbene Salazar abbia chiesto l’apertura di un’indagine interna, il danno politico è già stato fatto. L’opposizione, guidata dal Partido Popular e da Vox, ha colto l’occasione per chiedere le dimissioni di Sánchez, mentre un sondaggio pubblicato da El País rivela che il 60% degli spagnoli ritiene che il premier debba lasciare l’incarico. Sánchez, pur non essendo indagato, è accusato di aver mantenuto al potere uomini ora coinvolti in gravi reati. La sua risposta è stata una riorganizzazione d’urgenza dei vertici del partito, con l’ingresso di nuove figure femminili e l’annuncio di misure drastiche contro chiunque sia coinvolto in comportamenti incompatibili con l’etica socialista. Ma la tempesta non accenna a placarsi. Le indagini toccano anche membri della famiglia del premier, tra cui la moglie Begoña Gómez e il fratello David Sánchez, alimentando il sospetto di un sistema opaco e pervasivo. Con una maggioranza parlamentare sempre più fragile e il rischio concreto di una mozione di sfiducia, il futuro politico di Sánchez appare appeso a un filo.