Sui dazi la Confederazione nazionale degli artigiani intravede per il Governo una doppia iniziativa: fare pressione su Washington e nel contempo incentivare la presenza dell’Italia nei mercati esteri.
A rischio tenuta imprese
“Siamo preoccupati”, evidenzia la Cna, “i dazi che gli Usa vogliono imporre ai prodotti europei non sono una bazzecola. Tanto più se aggiunti alla svalutazione del dollaro. Sono a rischio esportazioni, tenuta delle nostre imprese, posti di lavoro”, aggiunge la Confederazione degli artigiani.
Dazi risultati ok ma le difficoltà permangono, bisogna fare di più
Un riconoscimento al Governo e a quanto stanno trattando sulla percentuale dei dazi la Cna lo riconosce ma bisogna fare di più.
“Bisogna ricordare”, si fa presente nella nota, “però che all’inizio della trattativa i dazi minacciati erano addirittura del 50%. Evidentemente si è percorso un buon pezzo di cammino. Ma la strada è ancora disseminata di difficoltà. L’obiettivo, infatti, non può che essere quello di ‘dazi zero’. E casomai, in prospettiva, quello di un’area di libero scambio Ue-Usa”.
Facilitare la filiera infra europea
Ora che la parola è passata decisamente all’Europa, l’Unione, secondo la Cna, “dovrebbe far valere il valore del suo Pil, il 22% a livello mondiale, poco inferiore al 25% degli Usa. E mettere sulla bilancia anche l’incontrovertibile constatazione che dal piano di riarmo a guadagnarci saranno gioco forza le imprese a stelle e strisce. Bruxelles dovrebbe”, aggiunge la Confederazione degli artigiani, “nel contempo, impegnarsi a facilitare il commercio infra-europeo, oggi ostacolato da lacci e lacciuoli anti-economici”.
L’impegno delle piccole imprese
“Al governo italiano”, sottolinea la Cna, “chiediamo non solo di fare ulteriori pressioni su Washington ma anche, forse prioritariamente, di studiare con rapidità piani di accesso ad altri mercati internazionali. In particolare, ipotizzando una massiccia serie di missioni nel mondo alle quali partecipi, però, il sistema Paese nella sua interezza. Bisogna puntare su missioni di filiera evitando che all’estero sia condotta solo una minoranza di grandi e medie aziende lasciando a casa oltre nove imprese su dieci”, conclude la Cna, “l’ossatura del Made in Italy quasi fossero figlie di un dio minore”.