Israele avrebbe accettato un cessate il fuoco di 60 giorni nella Striscia di Gaza. A dichiararlo è stato ieri Donald Trump, che ha parlato di un’intesa da finalizzare nei prossimi giorni con la mediazione di Qatar ed Egitto. Il presidente americano, reduce da un incontro a Washington con Benjamin Netanyahu, ha diffuso l’annuncio sul social Truth, lanciando un messaggio chiaro a Hamas: “Spero che accettino questa proposta, altrimenti la situazione peggiorerà”. Le parole di Trump arrivano dopo intensi colloqui nella capitale americana tra il ministro israeliano per gli Affari Strategici Ron Dermer e alti esponenti dell’amministrazione statunitense, tra cui il vicepresidente Vance e il segretario di Stato Rubio. Solo poche ore prima, parlando dalla Florida, lo stesso Trump aveva espresso fiducia in un’intesa imminente con Hamas. Ma la risposta del movimento palestinese è stata tutt’altro che entusiasta. Hamas, per bocca del portavoce Taher al-Nunu, ha ribadito la disponibilità a un accordo, ma solo se questo prevede “la fine completa della guerra”. Una delegazione del movimento è attesa oggi al Cairo per discutere la proposta con i mediatori egiziani e qatarioti. Nel frattempo, nella Striscia la situazione resta drammatica. Oltre 90 palestinesi sono stati uccisi nelle ultime 24 ore dai raid aerei israeliani, tra cui anche il fotoreporter Ismail Abu Hatab, vittima di un attacco contro un internet café. L’ospedale Nasser di Khan Younis ha annunciato di non avere più spazio per i defunti, mentre le sepolture sono impossibili a Rafah a causa dei combattimenti. “I cimiteri non sono più in grado di contenere i morti”, ha fatto sapere la direzione dell’ospedale. In parallelo, le forze israeliane hanno annunciato di aver smantellato una rete di tunnel sotterranei a Khan Younis. Si tratta di circa cinque chilometri di gallerie usate per spostamenti, stoccaggio di armi e pianificazione di attacchi. Parte del sistema era situato sotto una scuola. L’Idf ha dichiarato di aver eliminato “numerosi terroristi” negli scontri.
Israele: ministri contro la tregua
Sullo sfondo del possibile cessate il fuoco si muove un fronte interno di tensioni nel governo israeliano. Secondo la stampa locale, il ministro della Sicurezza Nazionale Itamar Ben Gvir starebbe cercando un’alleanza con il ministro delle Finanze Bezalel Smotrich per affossare l’intesa. Sebbene l’ufficio di Smotrich abbia negato contatti diretti, fonti vicine al ministro confermano che i due condivideranno presto una linea comune, ritenendo la “vittoria a Gaza troppo importante per essere sacrificata a compromessi diplomatici”. A complicare ulteriormente il quadro, le dichiarazioni del ministro della Giustizia Yariv Levin, che ha chiesto apertamente l’annessione della Cisgiordania. “È giunto il momento di esercitare la nostra sovranità”, ha detto Levin durante un incontro con il leader dei coloni Yossi Dagan, definendo l’annessione come “realistica, possibile ed essenziale per la sicurezza di Israele”.
ONU: 60 aziende coinvolte nel genocidio a Gaza
Un rapporto pubblicato ieri dalle Nazioni Unite denuncia il coinvolgimento di oltre 60 aziende nella “campagna genocida” israeliana a Gaza. A redigerlo è stata la giurista italiana Francesca Albanese, relatrice speciale dell’ONU per i Territori Palestinesi Occupati. Il documento accusa imprese attive nel settore militare e tecnologico, tra cui Lockheed Martin, Leonardo, Caterpillar, Amazon, Alphabet, Microsoft, IBM e Palantir, di contribuire direttamente o indirettamente alle operazioni militari israeliane e alla distruzione della Striscia. “Il genocidio continua perché è economicamente conveniente per molti”, scrive Albanese nel rapporto di 27 pagine, che sarà presentato giovedì al Consiglio per i diritti umani dell’ONU. La risposta di Israele non si è fatta attendere: “Un abuso d’ufficio infondato e diffamatorio”, ha affermato la missione israeliana a Ginevra. Anche gli Stati Uniti si sono schierati contro il rapporto, chiedendo la rimozione di Albanese, accusata di condurre una “guerra economica” contro entità private. Le aziende citate hanno reagito con cautela. Lockheed Martin ha sottolineato che le vendite di armamenti sono decisioni tra governi, mentre Caterpillar ha ribadito che i propri prodotti devono essere usati nel rispetto del diritto internazionale. Alphabet ha difeso il proprio contratto da 1,2 miliardi di dollari con Israele, sostenendo che non riguarda operazioni militari.
Iran ammette danni ai siti nucleari
Infine, ieri l’Iran ha ammesso gravi danni al sito nucleare di Fordow in seguito ai bombardamenti americani. Lo ha confermato il ministro degli Esteri Abbas Araghchi in un’intervista a CBS News. Secondo quanto riferito, l’Organizzazione iraniana per l’Energia Atomica sta valutando l’entità dei danni, mentre Trump ha dichiarato che l’attacco ha “completamente annientato” il programma nucleare di Teheran. Tuttavia, fonti del Washington Post suggeriscono che l’Iran stia minimizzando la portata reale delle distruzioni.