Un caso che ha scosso l’intera Australia. Una ex educatrice di asilo nido di 26 anni è stata arrestata e incriminata per oltre 70 reati sessuali nei confronti di otto bambini, di età compresa tra i cinque mesi e i due anni, in un’indagine che ha rivelato un potenziale scandalo di proporzioni allarmanti. L’arresto ha portato le autorità sanitarie dello Stato di Victoria a ordinare test per malattie infettive su circa 1.200 bambini, che potrebbero essere entrati in contatto con l’indagata tra il 2017 e il 2025. Secondo la polizia, la donna ha lavorato in 20 diversi asili nido nella città di Melbourne, spostandosi frequentemente tra le strutture. Il comandante della polizia, Janet Stevenson, ha definito i crimini “profondamente angoscianti” e ha sottolineato l’impatto devastante sulle famiglie coinvolte. “È il peggior incubo di ogni genitore”, ha dichiarato la premier dello Stato, Jacinta Allan, esprimendo “disgusto e dolore” per quanto accaduto. Il responsabile sanitario statale, Christian McGrath, ha spiegato che i test sono stati disposti per escludere una “potenziale esposizione a malattie infettive”, senza specificare quali, ma rassicurando che eventuali infezioni sarebbero “facilmente trattabili con antibiotici”. Il caso ha sollevato interrogativi sulla sicurezza nei servizi per l’infanzia e sulla mancanza di controlli efficaci nel sistema di assunzione del personale. Molti genitori si chiedono come sia stato possibile che una persona potenzialmente pericolosa abbia potuto lavorare per anni in contatto con bambini così piccoli, senza che nessun campanello d’allarme fosse suonato. Le indagini sono ancora in corso, ma il Paese è già alle prese con le conseguenze emotive e sanitarie di una vicenda che ha infranto la fiducia in uno dei luoghi che dovrebbero essere più sicuri: l’asilo nido.