A Sintra, in Portogallo, il Presidente della Federal Reserve Jerome Powell ha puntato il dito contro la politica protezionista e fiscale di Donald Trump, accusata di rallentare l’azione della banca centrale e mettere a rischio la sostenibilità del debito americano. Senza i dazi, ha dichiarato Powell, “avremmo già tagliato i tassi”, a fronte di un’inflazione stabile intorno al 2% e di un’economia “solida, ma sotto pressione”. Powell ha inoltre lanciato un allarme sul rapido aumento del debito pubblico:”«Il livello è sostenibile, la direzione non lo è”, ha avvertito, invitando a un intervento tempestivo prima che l’onere diventi insostenibile. Un messaggio che ha scatenato l’ira di Trump, giunto a bollare Powell come “stupido”.
Sul fronte monetario, la Fed rimane prudente anche per salvaguardare la salute del dollaro, sceso del 13% da inizio anno, e per proteggere l’economia globale dalle ricadute sulle valute emergenti. Powell, che a novembre lascerà il suo incarico, ha ribadito la missione istituzionale: stabilità dei prezzi, piena occupazione e un sistema finanziario ordinato.
Rischio stagnazione
In Europa, il Vicepresidente della Bce Luis de Guindos ha escluso ulteriori tagli dei tassi come rimedio alla debole crescita sotto l’1% dell’Eurozona, mettendo in guardia dal rischio di stagnazione. Anche sul Vecchio Continente, dunque, la partita tra politica monetaria e sfide reali di crescita rimane aperta – mentre oltreoceano Fed e Casa Bianca proseguono nel loro scontro sui tempi e sui modi del rilancio economico.