Dopo anni di attesa, i nuovi farmaci anti-obesità basati sugli agonisti del recettore GLP-1 e i più recenti dual agonist GLP-1 + GIP sono finalmente disponibili anche in Italia. Questi trattamenti, nati per la gestione del diabete di tipo 2, si stanno rivelando efficaci anche nella riduzione del peso corporeo, aprendo una nuova fase nella lotta all’obesità. Se ne è discusso al 3° AME Obesity Update, convegno organizzato a Roma da AME (Associazione Medici Endocrinologi). «I nuovi farmaci rappresentano una svolta – ha spiegato il presidente AME, Andrea Frasoldati – ma vanno integrati in un percorso complesso: dalla dieta alla chirurgia, passando per il supporto psicologico. Le donne restano le più penalizzate, anche per colpa di stigma culturale e modelli estetici distorti».
Secondo dati Istat, in vent’anni l’obesità in Italia è cresciuta del 38%, coinvolgendo circa 6 milioni di persone. Particolarmente colpite le donne giovani: nella fascia 18-34 anni, l’incidenza è passata dal 2,6% al 6,6%, triplicata rispetto agli uomini.
Le implicazioni sulla salute femminile
La Dottoressa Silvia Irina Briganti ha sottolineato i rischi legati alla fertilità: ʼʼL’obesità può compromettere il concepimento, aumentare aborti spontanei e complicanze in gravidanza. I nuovi farmaci, usati con cautela, potrebbero essere d’aiuto anche in vista di una maternità. Ma occorre sospenderli prima del concepimento per evitare rischi al fetoʼʼ. Una fetta importante di pazienti soffre di fame emotiva o disturbi da alimentazione incontrollata, dove il cibo diventa rifugio e sedativo. ʼʼSe non si riconosce l’aspetto psicologico – spiega Simonetta Marucci – anche la migliore terapia farmacologica può fallire. La gestione dell’obesità compulsiva richiede un approccio multidisciplinare e un sostegno terapeutico di almeno due anniʼʼ.
Il vero ostacolo resta la prescrivibilità limitata (oggi concessa solo ai diabetici) e il costo elevato, che rende i farmaci GLP-1 ʼselettiviʼ, inaccessibili a molti. Nonostante ciò, gli studi mostrano effetti positivi anche su aspetti neurologici e comportamentali, riducendo l’impulso al cibo edonico.
Lo stigma, un peso sociale
Al centro del dibattito anche il tema del pregiudizio. ʼʼL’obesità continua a essere vista come colpa personale – denuncia Anna Nelva –. Il paziente obeso è penalizzato sul lavoro, nella sanità, nella scuola. E spesso interiorizza lo stigma, con danni psicologici e maggiori difficoltà ad aderire ai percorsi di curaʼʼ. Il Coordinatore scientifico Marco Chianelli lancia l’allarme: ʼʼSiamo davanti a una pandemia: oltre sei milioni di pazienti. Ma manca un approccio sistemico. Servono percorsi diagnostico-terapeutici nazionali, educazione alimentare nelle scuole, e una visione che unisca pubblico, privato, clinici, educatori e istituzioniʼʼ.