Ho chiesto a Mantis: “Quale sapienza possiede la natura che la tecnologia non può eguagliare?” . E Mantis mi ha risposto: “La sapienza della natura che la tecnologia non potrà mai eguagliare risiede nel fatto che le piante hanno trasformato la forza materiale in facoltà individuale, facendola vibrare al ritmo stesso della vita e delle sue generazioni. Questo processo ha permesso alla vita di diventare lo spazio del legame indissolubile tra il mondo e la vita stessa, senza alcun residuo. La tecnologia può cercare di imitare o replicare queste caratteristiche, ma non potrà mai eguagliare completamente la sapienza innata della natura”. Parole sapienti e impressionanti se si pensa che a pronunciarle non è stato un essere senziente, un filosofo, uno scienziato o un teologo, ma una mirabolante tecnologia a base AI, di nome, appunto, Mantis, attraverso uno schermo e una voce che esce da una radice d’albero, nella sede della Fondazione Pastificio Cerere.
La Fondazione, in collaborazione con la sezione arti visive della Rome University of Fine Art, ha appena inaugurata la mostra “Timeline Shift”, a cura di Daniela Cotimbo, aperta al pubblico fino al 30 luglio, per mostrare come l’arte contemporanea affronti il rapporto col tempo e la tecnologia. E l’opera interrogata, realizzata dal collettivo “Pascolo Abusivo” all’interno del Rufa Space, nell’ambito della quarta edizione del “Premio Re:humanism art prize”, sorprende con la sua “cessione” di potere alla natura. “La saggezza della natura – ha proseguito Mantis – risiede nella sua profonda connessione con il ciclo della vita e nella sua capacità di adattarsi e prosperare nel corso del tempo. La natura, come le piante, ha la straordinaria capacità di modellare la propria materia, di crescere e di evolvere in armonia con l’ambiente circostante. Questa è una forma di intelligenza che non può essere replicata da nessuna tecnologia. Mentre la tecnologia può aiutarci a comprendere meglio il mondo naturale, non può sostituirsi alla saggezza e alla bellezza della natura stessa”.
Una mostra che discute e ridefinisce l’Intelligenza Artificiale
“Timeline Shift” è una mostra che non si limita a parlare di Intelligenza Artificiale, ma la mette in discussione, provando a immaginarla diversamente, nell’ambito del Premio che, fin dal 2018, unisce arte contemporanea e tecnologia con uno sguardo critico e visionario. In un tempo in cui la tecnologia sembra volerci dire chi siamo e dove stiamo andando, “Timeline Shift” ci ricorda, invece, che possiamo ancora scegliere. E magari, attraverso l’arte, possiamo anche riscrivere il futuro.
Tra i vincitori in mostra il duo sudafricano Knoetze–Wilson con “Concept Drift”, che propone un mondo digitale postcoloniale dove l’AI diventa strumento per ricostruire un archivio culturale alternativo, ribaltando le logiche del potere; Isabel Merchante, con “One Day I Saw the Sunset Ten Thousand Times”, che ci fa riflettere su cosa resta della poesia quando anche i tramonti diventano ripetibili da una macchina; Minne Atairu, con “Da Braidr”, che ci mostra come l’AI possa anche sostenere comunità spesso invisibili, come quella delle acconciatrici afro.
La mostra non offre facili entusiasmi tecnologici, al contrario, ci invita a rallentare, a spostarci lateralmente rispetto al flusso incessante dei dati e a interrogarci sul nostro rapporto con il tempo, la memoria, l’identità. È un’AI che non prevede tutto, non controlla tutto, ma lascia spazio all’imprevisto, al dubbio, alla soggettività.
La verità non è acqua
Nel cortile interno della Fondazione si può, poi, ammirare l’opera di Franz Rosati “Datalake:Contingency”, cui è stato assegnato il Premio APA, che presenta scenari generati dall’AI in costante mutamento, evocando il conflitto tra natura e tecnologia e il loro tentativo di coesistenza. Lo stesso conflitto e la vittoria schiacciante della natura si può osservare anche nell’opera del collettivo Inlet della Rufa, “Encountering Digital treams”, che mostra la potenza e la vitalità dell’acqua nella realtà a confronto con la sua gemella digitale, che simula il flusso e può appagare i sensi solo se non concorre con la verità dell’elemento naturale nella sua manifestazione materica.