L’Europa si sta muovendo con eccessiva lentezza nel mettere in campo tutti gli strumenti di cui potrebbe disporre contro l’emergenza economico-sanitaria.
L’incertezza che, dopo tre mesi di paralisi economica, continua a dominare ancora sul Recovery Fund dimostra quanta distanza ci sia tra i proclami unitari, lo sventolio di bandiere di solidarietà e la politica concreta ancora influenzata da egoismi nazionalisti e da imposizioni di pochi e neanche rilevanti Paesi.
Il balletto delle cifre è davvero imbarazzante: si passa con molta disinvoltura da 500 miliardi a 1000, poi a 1500, si arriva a ipotizzarne perfino 2000, ma poi si torna, come nel gioco dell’oca, a 500. nel frattempo chi può, la Germania, ha speso oltre 1000 miliardi per aiutare le proprie aziende approfittando della sospensione dei divieti degli aiuti di Stato e ha sicuramente messo parte del suo sistema produttivo in condizione di poter competere meglio rispetto alle aziende italiane. Insomma, finora, l’Italia ha subito una doppia penalizzazione: quella derivante dalla recessione violenta e brusca e quella del miglioramento relativo delle condizioni di vantaggio delle aziende tedesche rispetto alle nostre.
Sul Recovery Fund pesano sia l’incognita del no di Austria, Svezia, Danimarca e Olanda sia lo strano modo di procedere di Germania e Francia che fanno accordi a due trascurando la terza potenza economica dell’Europa, l’Italia, che è anche quella più pesantemente colpita dalla doppia emergenza economico-sanitaria.
Può l’Europa continuare ad esser dominata dall’asse franco-tedesco che comporta di fatto una perenne umiliazione del nostro Paese? Può l’Italia accettare di essere estromessa dagli accordi che contano ed essere trattata come un Paese di serie B da guardare con supponenza e al massimo pelosa commiserazione?
Al netto del Recovery Fund su cui regna una grande incertezza, l e misure finora ipotizzate, solo in parte approvate ma non ancora operative ai fini della liquidità, ammontano a in 540 miliardi. All’Italia dovrebbero arrivare -i l condizionale è d’obbligo- 96 miliardi di crediti, una medicina largamente inadeguata a contrastare il baratro della recessione in cui l’economia italiana è precipitata.
A queste misure si aggiungono gli interventi della BCE che ha varato un piano di acquisti di titoli per 750 miliardi di euro, definito PEEP (Pandemie Emergency Purchase Programme).
L’effetto della politica monetaria della Banca Centrale Europea è limitato., come ha sempre sostenuto anche Mario Draghi, perchè agisce sulla stabilità dell’euro, dissuade gli speculatori, tiene bassi per un certo periodo gli spread. Ma non può fare di più.
La BCE, a differenza della Federal Reserve, non è un “prestatore di ultima istanza”, non può stampare moneta a piacimento e in base ai bisogni di effettiva liquidità del sistema.
La risposta europea alla crisi sembra ancora una volta largamente inadeguata nel metodo, nella portata e nelle conseguenze che potrò avere per un Paese come il nostro che nei prossimi mesi si gioca il tutto per tutto.
L’Italia sembra avere in Europa un ruolo da “figlia di un dio minore” e non trova il coraggio di guardarsi intorno con maggiore libertà e capacità di difesa dei propri interessi.
Anna La Rosa