
Donald Trump insiste: “Questa non è l’inizio di una guerra, ma la fine di una minaccia”. Eppure, mentre le sirene risuonano nelle città israeliane, i missili cadono e i diplomatici si affrettano a organizzare vertici d’emergenza, il rischio che il conflitto degeneri resta altissimo. Nella notte tra sabato e domenica, gli Stati Uniti hanno condotto una serie di attacchi aerei contro i tre impianti iraniani che rappresentano il nucleo del programma di arricchimento dell’uranio. Fordow, situato in profondità nella roccia, è considerato il sito più sicuro e difficile da penetrare. Natanz e Isfahan, in superficie, ospitano le strutture principali per la lavorazione dell’uranio e la produzione di componenti nucleari. Secondo le autorità statunitensi, gli attacchi hanno “annullato le capacità di arricchimento” di Teheran. L’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica (AIEA), però, ha comunicato che “non sono stati rilevati aumenti dei livelli di radiazioni” nelle aree colpite. L’organizzazione monitora con attenzione la situazione e ha avvertito dei rischi in caso di ulteriori escalation. L’operazione, definita “massiccia e di precisione” dal presidente Donald Trump, ha segnato una nuova e drammatica escalation nel confronto tra Washington e Teheran. Secondo quanto riferito dalla Casa Bianca, dodici bombardieri strategici B-2 hanno sganciato bombe bunker-buster in grado di penetrare nei siti sotterranei più protetti. “Gli impianti nucleari chiave iraniani sono stati completamente distrutti”, ha affermato Trump in un discorso alla nazione. “Ora è il momento per la pace. O ci sarà pace o ci sarà una tragedia come mai prima”. Il presidente ha lodato l’efficacia dell’operazione e ha sottolineato che “nessun altro esercito al mondo avrebbe potuto realizzarla”. Il vicepresidente J.D. Vance ha escluso un intervento di terra, ribadendo che gli Stati Uniti non intendono occupare militarmente l’Iran. “Vogliamo parlare con Teheran di soluzioni permanenti”, ha affermato, pur confermando che l’azione è stata motivata da “informazioni allarmanti” dell’intelligence americana. Israele, che secondo fonti ufficiali ha coordinato l’operazione con Washington, ha accolto l’attacco con entusiasmo. Il ministro della Difesa Israel Katz ha ringraziato Trump per “la storica decisione” e ha parlato di un passo decisivo per impedire all’Iran di dotarsi di un’arma nucleare. Il presidente israeliano Isaac Herzog ha elogiato il “coraggio” degli Stati Uniti, sperando che questo porti alla liberazione degli ostaggi israeliani a Gaza. Nel frattempo, ieri tutte le scuole in Israele sono rimaste chiuse, con il divieto di assembramenti e la limitazione alle sole attività essenziali, in seguito all’aggiornamento delle linee guida da parte del comando del fronte interno.
L’Iran minimizza ma reagisce

Da parte iraniana, il primo commento ufficiale è arrivato dal ministro degli Esteri Abbas Araghchi, che ha denunciato l’attacco come una “grave violazione della Carta dell’ONU e del diritto internazionale”. L’ayatollah ha parlato di un “atto criminale” che “avrà conseguenze eterne”. Secondo Teheran, il sito di Fordow non ha subito gravi danni, ma le immagini satellitari mostrano una devastazione estesa a Natanz e Isfahan. La risposta militare iraniana non si è fatta attendere: tra i 20 e i 30 missili sono stati lanciati verso Israele, colpendo Tel Aviv, Gerusalemme, Haifa e altri centri urbani. Un missile ha centrato un’area residenziale nel cuore di Tel Aviv, causando crolli e gravi danni strutturali. Altri due hanno colpito la città portuale di Haifa. Il bilancio ufficiale parla di 86 feriti, di cui 77 in condizioni non gravi, mentre in diverse zone si segnalano danni estesi e attacchi di panico. A Tel Aviv, l’agenzia di emergenza Magen David Adom ha descritto una “distruzione su larga scala” e mobilitato unità antisabotaggio per la bonifica di eventuali ordigni inesplosi. Le conseguenze regionali si preannunciano pesanti. I ribelli Houthi dello Yemen, alleati dell’Iran, hanno minacciato ritorsioni contro Washington. Il loro leader Hazam al-Assad ha scritto: “Gli Stati Uniti affronteranno le conseguenze”. Sui social iraniani, gli account legati ai Guardiani della Rivoluzione hanno dichiarato: “Adesso è iniziata la guerra”.
Consiglio di Sicurezza all’Onu

L’Iran ha chiesto una riunione d’emergenza del Consiglio di Sicurezza dell’ONU. Nella lettera ufficiale inviata dal rappresentante iraniano, Amir-Saeid Iravani, si sollecita una condanna “ferma e immediata” degli Stati Uniti e l’assunzione di responsabilità da parte dei colpevoli dell’attacco, definito “barbarico e criminale”. Il segretario generale dell’ONU, António Guterres, ha espresso “grave allarme” e ha definito l’intervento statunitense “una pericolosa escalation che minaccia la pace e la sicurezza internazionale”. Anche il leader democratico Bernie Sanders ha condannato l’azione, definendola “incostituzionale” perché priva dell’autorizzazione del Congresso: “Solo il Congresso può decidere se entrare in guerra. Il presidente non ha questo diritto”.