A più di una settimana dall’inizio del conflitto tra Israele e Iran, il prezzo dei carburanti in Italia resta sorprendentemente stabile. Anzi, le prime rilevazioni segnalano un lieve calo delle quotazioni dei principali prodotti petroliferi. Uno scenario molto diverso da quanto accadde nel febbraio 2022, quando l’invasione russa dell’Ucraina fece schizzare i prezzi alla pompa. Allora, in appena quindici giorni, la benzina salì del 16,9% e il diesel del 23,8%. Oggi, invece, chi si reca a fare rifornimento in modalità self paga la benzina attorno a 1,7 euro al litro e il gasolio circa 1,6. A spiegare questa tenuta è anche la diversa rilevanza dell’Iran rispetto alla Russia nella produzione globale di petrolio. Su un totale di quasi 103 milioni di barili al giorno, Teheran ne produce 3,8 milioni, contro gli 11,2 di Mosca. Tuttavia, l’eventuale estensione del conflitto o la chiusura dello Stretto di Hormuz – passaggio strategico per il 30% del petrolio e il 20% del gas mondiale – potrebbe scatenare un nuovo choc energetico globale.
Nel frattempo, l’Ufficio studi della Cgia ricorda che, per quanto parlare di impatti economici in contesti di guerra possa risultare scomodo, è necessario valutare anche le conseguenze indirette sui Paesi lontani dai teatri di conflitto. E se i carburanti per ora non preoccupano, ben diversa appare la situazione sul fronte delle bollette di luce e gas.
Bollette in aumento per le imprese
Secondo le stime della Cgia, nel 2025 le imprese italiane potrebbero dover affrontare un rincaro complessivo di 13,7 miliardi di euro rispetto all’anno precedente: +19,2%. Di questi, 9,7 miliardi peseranno sull’energia elettrica e 4 miliardi sul gas. Le previsioni sono state fatte ipotizzando consumi in linea con quelli del 2023. I prezzi medi assunti per il 2025 sono di 150 euro per Mwh per l’elettricità e 50 euro per Mwh per il gas, valori coerenti con le tendenze di mercato registrate tra il 2023 e la prima metà del 2025. Va però precisato che gli aumenti stimati per le imprese saranno inferiori rispetto alla crescita del prezzo della materia prima, che è attesa attorno al +38%. Questo perché il costo finale della bolletta comprende anche altri elementi (oneri, tasse, trasporto, ecc.) che attenuano l’impatto dell’energia pura. Si stima così un aumento dell’18% per l’elettricità e del 25% per il gas rispetto al 2024.
Il rincaro dei costi energetici colpirà soprattutto il Nord, dove si concentra la maggior parte dell’attività produttiva del Paese. Le stime indicano per la Lombardia un aggravio di 3,2 miliardi, per l’Emilia Romagna di 1,6 miliardi, per il Veneto di 1,5 miliardi e per il Piemonte di 1,2 miliardi. Complessivamente, il Nord Italia sosterrà il 64% dei rincari previsti. Le regioni meno esposte, come Basilicata, Molise e Valle d’Aosta, avranno aumenti limitati rispettivamente a 118, 64 e 44 milioni.
I settori più esposti
Tra i settori che rischiano di essere maggiormente penalizzati dai rincari elettrici spiccano: metallurgia, commercio, servizi alla persona, alimentare, ristorazione e ospitalità, trasporti e logistica, e industria chimica. Per il gas, le attività più colpite potrebbero essere: estrattiva, conservazione e lavorazione alimentare, industria tessile, produzione di ceramica, carta, plastica e utensili, oltre alla fabbricazione di macchinari e apparecchiature elettroniche.