La Federal Reserve ha deciso di mantenere invariati i tassi d’interesse, confermandoli nel range compreso tra il 4,25% e il 4,50%, nonostante le forti pressioni esercitate dal presidente Donald Trump, che da settimane invoca un taglio per stimolare l’economia in vista delle elezioni. La decisione, annunciata al termine della riunione del Federal Open Market Committee (FOMC), è stata presa all’unanimità dai dodici membri del board. Il presidente della Fed, Jerome Powell, ha ribadito in conferenza stampa che “la politica monetaria resta ben posizionata per attendere ulteriori segnali sull’evoluzione dell’economia prima di intervenire”. Trump, che ha definito Powell “uno stupido” e “un ostacolo alla crescita”, ha attaccato duramente la scelta, sostenendo che “i tassi dovrebbero essere almeno due punti percentuali più bassi” per ridurre il costo del debito federale, che nel 2025 supererà i 1.200 miliardi di dollari in interessi. La Fed, tuttavia, ha confermato l’intenzione di procedere con due tagli da 25 punti base entro la fine dell’anno, ma solo se le condizioni economiche lo permetteranno. Le nuove stime indicano un PIL in rallentamento all’1,4% per il 2025 e un’inflazione ancora ostinatamente alta, al 3%. Il “dot plot” – lo strumento che raccoglie le proiezioni dei membri del FOMC – mostra una crescente divergenza interna: 7 su 19 non prevedono alcun taglio quest’anno, segno di un clima di incertezza e cautela. Powell ha difeso l’indipendenza della banca centrale, sottolineando che “le decisioni sui tassi non sono influenzate da pressioni politiche”. Un messaggio chiaro, in un momento in cui la Fed si trova al centro di uno scontro sempre più acceso tra esigenze economiche e strategie elettorali.
