“Abbiamo ritardato il programma nucleare iraniano, ma non lo abbiamo stroncato.” Con queste parole il Premier israeliano Benjamin Netanyahu ha descritto l’ultima fase della strategia militare di Israele, che nelle ultime settimane ha intensificato la pressione contro l’Iran, dopo l’attacco del 7 ottobre compiuto da Hamas. Un’azione che, a detta del leader israeliano, ha innescato una reazione a catena culminata in operazioni mirate anche su territorio iraniano: “Teheran è in fiamme, ma non colpiamo i civili. Loro sì, bombardano Tel Aviv, Rishon LeZion, Rehovot”. Il discorso rivendica anche la liberazione di oltre 200 ostaggi da Gaza e annuncia il proseguimento dei negoziati per il rilascio dei restanti: “Non mi arrenderò finché non li riavremo tutti.”
Ma la crisi israelo-iraniana si gioca ormai su un doppio tavolo: quello militare e quello geopolitico. La recente eliminazione di Nasrallah, leader di Hezbollah, ha, secondo Tel Aviv, accelerato l’orientamento dell’Iran verso la corsa al nucleare. Da qui, l’azione “all’ultimo minuto” per sventare ciò che Israele definisce una minaccia esistenziale.
L’Europa e la diplomazia in frantumi
A Bruxelles il Portavoce per la politica estera dell’Unione europea, Anouar El Anouni, è stato netto: “La Russia non è un mediatore credibile” nel conflitto Israele-Iran. “Putin ha dimostrato di essere interessato solo alla guerra”, ha aggiunto, criticando l’alleanza Mosca-Teheran, soprattutto sul piano militare. La posizione europea esprime un sostanziale isolamento diplomatico della Russia e un crescente timore che la crisi possa degenerare oltre i confini regionali. Anche il presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha fatto sentire la sua voce. In una telefonata con Putin, Erdoğan ha condannato fermamente gli attacchi israeliani, definendoli “una minaccia flagrante al sistema internazionale”. “La regione non può permettersi un’altra guerra,” ha avvertito, chiedendo l’immediata ripresa dei negoziati sul nucleare tra Iran e Stati Uniti.
Il leader turco ha sottolineato anche il rischio che gli scontri con l’Iran facciano “dimenticare il genocidio in corso a Gaza”, tornando così ad accusare Israele di crimini gravi in Palestina. Parole dure che riflettono la crescente frattura tra Ankara e Tel Aviv, già acuitasi dopo l’offensiva su Gaza.