lunedì, 16 Giugno, 2025
Attualità

Le vittime per la difesa della Patria non sempre sono una sconfitta per lo Stato

Morire nell’adempimento del proprio dovere non è invano quando se ne traggono insegnamenti

Perdere la vita nell’adempimento dei compiti istituzionali, per il rispetto di un bene supremo, quale la libertà, rappresenta un vuoto incolmabile non solo nei naturali nuclei familiari, ma anche nella società sana ed in modo tangibile nella speciale “ famiglia di lavoro”. In essa, infatti, il clima di fratellanza, di condivisione di obiettivi comuni e di sintonia operativa, negli impegnativi e rischiosi turni di servizio, spesso oltre i limiti programmati, di giorno e di notte e con le più diverse condizioni meteorologiche, raggiunge livelli difficile da commentare. Con i colleghi e i superiori si crea, nel tempo, un rapporto fiduciario nel travaso di notizie personali, che si consolidano e si trasformano in sentimenti di fraterna amicizia perdurante nel tempo, spesso per una intera carriera lavorativa.
Perdere un collega, per difendere la legalità, in un conflitto a fuoco, non è di certo un evento che possa passare come una disgrazia di altro tipo, pur sempre dolorosa che segna la vita di chiunque vi è legato da affetti, vicinanza o altro.

La Benemerita ha perso un altro familiare

La tragica fine del sottufficiale Carlo Legrottaglie, caduto nel conflitto a fuoco con malviventi, nei giorni scorsi nel territorio di Francavilla Fontana (Brindisi), lascia un vuoto incolmabile in più ambienti. Certamente il vuoto e il dolore è unico in seno alla propria famiglia e ai parenti tutti, specie dei genitori, palesemente provati dalla immane tragedia, già col peso della loro veneranda età. Il vuoto permane anche nella Istituzione di appartenenza, quella conosciuta tradizionalmente per il fulgido esempio conquistatosi nei secoli, “La Benemerita”.
Era per Carlo la sua seconda famiglia, la sua seconda casa, il suo secondo luogo dove ricevere affettuosa accoglienza in ogni momento, anche oltre il comandato dovere istituzionale. E proprio fra le mura della Caserma si conservano i ricordi più disparati di ciascun appartenente del passato, del presente e di tutti coloro che prematuramente e/o tragicamente, hanno lasciato il vuoto, come il brigadiere Carlo Legrottglie, prossimo al suo meritato godimento del periodo pensionistico insieme ai suoi familiari e pronto anche a intraprendere tutti gli interessi fino al tragico destino sacrificati.

Un pensiero a Salvo d’Acquisto

È il 23 settembre del 1943 quando il giovane Vicebrigadiere dell’Arma dei Carabiniere Reali, Salvo d’Acquisto, appena 23enne (nato il 15 ottobre 1920), si sacrifica per il bene altrui. Per il suo atto eroico proprio in quest’anno, il 25 febbraio scorso, è stato dichiarato venerabile da Papa Francesco e ne in corso il processo di beatificazione. Lui scrive:

“Se muoio per altri cento, rinasco altre cento volte: Dio è con me e io non ho paura!”

Sicuramente anche il suo collega Carlo Legrottaglie, a distanza di oltre 80 anni, nel tragico momento del conflitto a fuoco, avrà sussurrato fra sé una simile frase, quale:

“Per la Patria, per la Giustizia e per la Comunità, sacrificarsi non è mai invano”

Ogni tragedia è un insegnamento di cui fare tesoro

Le forze di polizia sono le sentinelle al servizio della democrazia e della libertà di uno Stato di diritto che, giornalmente, vigilano sul territorio nazionale (cielo, mare, terra) e anche oltre confini per garantire sicurezza, libertà di circolazione e una civile convivenza in ogni luogo.
Proprio in questo mese di giugno vi sono stati i festeggiamenti delle Forze Armate e dei Corpi di Polizia, mentre l’Arma dei Carabinieri, “Nei Secoli Fedele”, ha celebrato il suo 211º anniversario, ricordando a sé stessa e alla collettività i suoi importanti compiti, tra cui, il più recente, quello di polizia ambientale, senza dimenticare quello della tutela del Patrimonio Artistico. L’Armai dei Carabinieri, è d’obbligo scriverlo, è radicalmente presente nelle Città metropolitane, nelle periferie e nei piccoli Comuni della Repubblica.

Il rischio istituzionale delle Forze Armate e degli Organi di Polizia

Il rischio istituzionale è una componente insita nello svolgimento dei compiti demandati alle Forze Armate e agli Organi di Polizia. Le forze di polizia, in particolare, devono prevenire e reprimere sul territorio nazionale ogni tipo di reato previsto dal codice penale e da normative speciali, svolto da ogni componente con il necessario impegno, secondo le regole prestabilite, anche a costo della propria vita.

Formazione e recrudescenza del fenomeno criminale

Formazione adeguata, quotidiana attività addestrativa e istruzioni specifiche, nel contesto attuale spesso si dimostrano non sufficienti ad arginare il dilagante e imprevedibile fenomeno criminale.
In ogni momento delle attività preventive di perlustrazione, osservazione e controlli d’iniziativa o su segnalazioni ovvero a richiesta del cittadino, le tematiche sono sempre le più disparate come anche le insidie da affrontare e gli ostacoli da superare, come la recrudescenza del fenomeno criminale dimostra.
La società globalizzata e multiculturale favorisce ed alimenta il fenomeno delinquenziale, per cui le risorse disponibili si rivelano spesso non sufficienti nonostante l’aiuto di strumenti informatici e tecnologici. Anche rapine presso siti commerciali, ovvero ai danni di porta valori e presso abitazioni, sono sempre più frequenti e con tecniche e metodologie più ingegnose ed ingannevoli.
Gli strumenti di lavoro per le forze dell’ordine hanno, pertanto, bisogno di un continuo adeguamento per fronteggiare tali contesti criminogeni, migliorando l’abbigliamento, i mezzi di locomozione e l’armamento individuale e di reparto.

Il prezzo per la libertà, la sicurezza e la civile convivenza dei cittadini

Le domande sono numerose e diverse sia dall’interno delle singole forze armate e di polizia e sia dalla collettività. Da parte delle forze di polizia si sollecitano maggiori garanzie penalistiche a favore del personale per il così detto “Uso legittimo delle armi” di cui all’articolo 53 del codice penale e sulle altre fattispecie di cui ai successivi artt. 54 (Stato di necessità) e 55 (eccesso colposo).
Altro aspetto, meritevole di attenzione, sarebbe la composizione di pattuglie automontate di non meno tre unità per una migliore garanzia di efficienza e di efficacia, oltre che a beneficio dell’incolumità personale dell’equipaggio.

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