Nella notte tra il 13 e il 14 giugno, le forze russe hanno lanciato un massiccio attacco con droni su diverse regioni dell’Ucraina. Secondo quanto riportato dall’Aeronautica militare di Kiev, sono stati impiegati 58 droni d’attacco e simulatori lanciati da cinque diverse zone della Russia. La difesa aerea ucraina è riuscita a neutralizzarne 43, di cui 23 abbattuti e 20 soppressi tramite guerra elettronica. L’offensiva aerea arriva in un momento delicato del conflitto, segnato da nuovi scambi umanitari tra i due Paesi. Ieri, Ucraina e Russia hanno effettuato il quarto scambio di prigionieri in una settimana, frutto degli accordi presi nella seconda riunione di Istanbul. Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha annunciato il ritorno a casa di diversi militari prigionieri dal 2022. Contestualmente, Mosca ha restituito a Kiev i corpi di 1.200 soldati caduti. Secondo fonti russe, l’Ucraina non avrebbe ancora ricambiato con la consegna di salme russe.
Il ruolo degli USA
Intanto, sul fronte diplomatico, Kiev ha ribadito la propria disponibilità a tornare al tavolo dei negoziati, ma solo se saranno inclusi termini concreti per un cessate il fuoco. “Siamo impegnati negli sforzi di pace. Accogliamo con favore le iniziative degli Stati Uniti e personalmente del presidente Trump per raggiungere una pace giusta entro quest’anno”, ha dichiarato il viceministro degli Esteri Andriy Sybiha. Zelensky ha però lanciato un duro monito a Washington: “Il tono del dialogo tra Stati Uniti e Russia è troppo conciliante. Diciamoci la verità: questo non fermerà Putin. Serve un cambio di tono”, ha scritto su X, aggiungendo che solo sanzioni efficaci e danni economici possono frenare la macchina bellica russa. “Trump può fermare Putin – ha detto in un’intervista a Newsmax – ma solo se Putin perde denaro”.
Coalizione dei volenterosi
Il presidente ucraino ha anche espresso preoccupazione per il rallentamento dell’impegno europeo, che secondo lui dipende fortemente dal supporto americano. “La coalizione dei volenterosi sta rallentando. L’Europa non ha ancora deciso se sarà al fianco dell’Ucraina anche senza gli Stati Uniti”, ha dichiarato in una conferenza stampa tenuta ieri. Nel frattempo, l’Unione Europea ha approvato un ulteriore pacchetto di aiuti finanziari. “Abbiamo erogato un nuovo miliardo di euro all’Ucraina, portando il totale a quasi 150 miliardi dall’inizio dell’invasione russa”, ha annunciato la presidente della Commissione Ursula von der Leyen.
La diplomazia del Vaticano
Sul piano internazionale, cresce il peso delle iniziative diplomatiche. Per la prima volta dall’inizio del conflitto, il presidente russo Vladimir Putin ha parlato direttamente con Papa Leone XIV. Il colloquio, avvenuto a inizio giugno, è stato confermato dal Vaticano e da fonti del Cremlino, anche se Mosca ha precisato che non si è trattato di una discussione “pratica e concreta” su un possibile accordo di pace. Tuttavia, il gesto viene interpretato come un segnale: il Papa ha invitato Putin a “compiere un gesto che favorisca la pace”. Nel frattempo, la Russia prova a estendere la sua influenza anche in altri scenari di crisi. Nella crescente tensione tra Iran e Israele, Putin ha offerto la propria mediazione al premier israeliano Benjamin Netanyahu, dopo aver già espresso sostegno al presidente iraniano Masoud Pezeshkian. Il Cremlino condanna l’azione militare israeliana ma si propone come attore diplomatico, in una mossa che intende rafforzare il ruolo di Mosca come potenza mediatrice globale. In questo contesto, da parte sua il presidente ucraino Volodymyr Zelensky è preoccupato per le conseguenze del conflitto tra Israele e Iran. “Spero che gli aiuti all’Ucraina non diminuiscano per questo motivo“, come è avvenuto durante il precedente scontro tra i due Paesi nel 2024, ha detto in un’intervista.