Mentre la diplomazia arranca, cresce la solidarietà internazionale verso la popolazione civile di Gaza, ormai allo stremo. Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, in visita ufficiale in Lussemburgo, ha lanciato un nuovo appello affinché si arrivi a una soluzione negoziata: «Occorre giungere a un cessate il fuoco immediato e al rilascio degli ostaggi da parte di Hamas. La soluzione dei due Stati può sembrare irraggiungibile oggi, ma è l’unica via possibile. Bisogna offrire ai palestinesi la prospettiva di avere uno Stato proprio, senza rinunciare alla sicurezza di Israele». Nel frattempo, l’Italia si fa carico delle conseguenze umanitarie del conflitto. Ieri è atterrato a Milano Adam, un bambino palestinese gravemente ferito, che sarà curato all’ospedale Niguarda.

A darne notizia è stato il vicepremier e ministro degli Esteri Antonio Tajani: «Adam ha fratture multiple e sarà seguito dai nostri medici. In totale, circa 80 palestinesi, tra cui 17 bambini, sono arrivati in Italia a bordo di tre voli organizzati dall’Aeronautica militare. Verranno curati in diversi ospedali del Paese». Ma intanto nella Striscia, dove il blocco israeliano dura ormai da 20 mesi, la situazione è sempre più drammatica. Ieri le autorità palestinesi hanno denunciato l’ennesima strage: 36 morti e oltre 200 feriti mentre centinaia di persone erano in fila per ricevere aiuti umanitari. Il Ministero della Salute locale accusa l’esercito israeliano di colpire deliberatamente i civili affamati. Secondo fonti mediche citate da al Jazeera, altri 25 palestinesi sono stati uccisi nei pressi del corridoio di Netzarim, mentre attendevano la distribuzione di generi di prima necessità. Le Forze di difesa israeliane parlano solo di “colpi di avvertimento” e definiscono i comportamenti dei civili “sospetti”. Tuttavia, le testimonianze raccolte da operatori umanitari e organizzazioni indipendenti descrivono una crisi umanitaria sempre più grave, al limite della carestia.
Trump a Netanyahu: “Niente attacchi all’Iran”

Sul fronte politico, il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha avuto una telefonata con il premier israeliano Benjamin Netanyahu, durante la quale ha chiesto con fermezza di porre fine alla guerra a Gaza. Secondo l’emittente israeliana Channel 12, Trump avrebbe dichiarato che “gli attacchi ai siti nucleari iraniani sono off-limits” e che “la fine del conflitto faciliterà le trattative con Iran e Arabia Saudita”. Fonti vicine all’amministrazione statunitense sostengono inoltre che Washington sarebbe disposta a offrire garanzie ad Hamas per raggiungere un cessate il fuoco duraturo.
Israele: leva per gli ortodossi
La tensione cresce anche all’interno della politica israeliana. I partiti di opposizione hanno presentato una mozione per lo scioglimento della Knesset, che verrà discussa in plenaria in queste ore. Il motivo è l’introduzione dell’obbligo di leva militare per gli studenti ultraortodossi, finora esentati. Due partiti religiosi della coalizione di governo – Shas e United Torah Judaism – hanno minacciato di votare a favore della mozione se non si troverà un compromesso. Secondo il Times of Israel, sono in corso trattative frenetiche per evitare la caduta del governo Netanyahu, che rischia di portare il Paese a nuove elezioni.
Otto attivisti Madleen ancora detenuti
Otto dei dodici attivisti a bordo della Madleen – l’imbarcazione della “Freedom Flotilla” che ha tentato di forzare il blocco navale di Gaza – sono ancora detenuti nel carcere di Givon, a Ramle. Secondo gli avvocati, la detenzione è illegittima perché l’imbarcazione navigava in acque internazionali e intendeva raggiungere le acque territoriali della Palestina, non quelle israeliane. Il tribunale ha però respinto la tesi, ritenendo legittimo il blocco navale. Tra i detenuti figurano personalità di diversi Paesi, tra cui la parlamentare europea Rima Hassan e l’attivista brasiliano Thiago Avila. Altri quattro volontari, tra cui Greta Thunberg, sono stati già espulsi.
Il convoglio magrebino diretto a Gaza
Intanto, un altro convoglio umanitario partito da Tunisi con destinazione Gaza – la carovana “al-Soumoud” – ha fatto tappa in Libia, dove è stato accolto da una grande folla. Il convoglio, parte dell’iniziativa internazionale “Global March to Gaza”, coinvolge oltre 1.000 tunisini, 140 algerini e decine di attivisti da Marocco, Mauritania e altri Paesi. Il portavoce Wael Nawar ha dichiarato che l’obiettivo non è solo consegnare aiuti, ma esercitare pressione internazionale per aprire definitivamente i valichi di frontiera e garantire un accesso umanitario stabile a Rafah. Il convoglio è attualmente scortato dalla Mezzaluna Rossa libica e dalle forze di sicurezza locali. Restano tuttavia incerti i permessi necessari per attraversare la Libia orientale e proseguire verso l’Egitto.
L’UE nega finanziamenti a progetti militari a Gaza
Infine, un portavoce della Commissione europea ha smentito le accuse emerse da un’inchiesta giornalistica secondo cui Bruxelles avrebbe finanziato indirettamente progetti militari coinvolti nel conflitto. «La Commissione non finanzia alcun progetto militare nella Striscia di Gaza – ha chiarito –. Tutti i fondi dell’European Defence Fund vengono erogati nel rispetto del diritto internazionale e dei diritti umani».