In una canzone De Andrè diceva che “non si può fermare il vento”, metafora perfetta per parlare di Intelligenza Artificiale, per cui la domanda non è più se, ma quando entrerà a pieno titolo nei processi produttivi, aziendali e industriali, rivoluzionando il mercato del lavoro. E per rimanere competitivi nel mercato globale non si potrà certo rimanere indietro. Il Future of Jobs Report 2025 del World Economic Forum prevede che oltre il 75% delle aziende pensa di adottare questa nuova tecnologia entro il 2030. La questione, quindi, è se l’Italia è pronta a questa nuova rivoluzione industriale.
Secondo recenti analisi presentate in un incontro organizzato in occasione del Consiglio di indirizzo del Registro Italiano Navale, in collaborazione con TEHA Group (The European House – Ambrosetti), il nostro Paese si posiziona al 30° posto su 47 nazioni nel TEHA-Global Innosystem Index 2025, strumento di informazione e orientamento decisionale che identifica le performance complessive di ciascun Paese e misura i risultati di ogni ecosistema di innovazione in base ai fattori chiave della sua performance, registrando un arretramento di due posizioni negli ultimi tre anni. Per quanto riguarda, poi, l’Intelligenza Artificiale in particolare, gli adulti italiani, a detta di Valerio De Molli, Managing partner e CEO di The European House – Ambrosetti e TEHA Group, sembrerebbero tra i meno attrezzati da un punto di vista cognitivo a interagire con l’AI e solo il 46% degli adulti ha competenze digitali di base rispetto al target europeo al 2030 dell’80%.

Anche il tema della “democratizzazione” dell’AI sollecita riflessioni, perché si tratta di tecnologie ad alto costo, soprattutto se tailor made, difficili da affrontare da parte del nostro tessuto economico costituito per lo più da piccole e medie imprese. C’è chi sul punto è ottimista, come l’ingegnere Ugo Salerno, Presidente Esecutivo di RINA, l’importante gruppo multinazionale di consulenza ingegneristica, certificazione e ispezione, nato come spin off del Registro Italiano Navale, di cui è Presidente Paolo d’Amico, per il quale la possibilità di accedere alle piattaforme come ChatGPT gratuito permette già a tutti un suo uso basico in azienda. Non lo spaventano neanche le allucinazioni (le risposte fake) e i Bias (i pregiudizi della macchina dovuti all’”addestramento” umano), perché è il medesimo rischio che corriamo tutti i giorni e sempre di più, a causa soprattutto dei social, infarciti di informazioni fasulle, davanti alle quali dobbiamo essere capaci di destreggiarci.
Quel che è certo è che l’Europa e l’Italia hanno sicuramente investito immensamente di meno degli americani e dei cinesi, determinando un significativo ritardo. Ciononostante, la rivoluzione epocale del mercato del lavoro è comunque alle porte e restano i timori. “Ci si deve richiamare alle precedenti rivoluzioni industriali – ci ha spiegato l’ingegner Salerno all’incontro -, anche se questa rivoluzione industriale, della digitalizzazione con lo sviluppo dell’intelligenza artificiale, ha una caratteristica diversa perché ha una velocità completamente diversa, molto più rapida. Mentre nelle altre rivoluzioni l’assorbimento degli impatti è stato graduale, perché graduali erano gli impatti, adesso questo non è più così, non sarà più così”. Cosa dobbiamo, dunque, aspettarci? “Se noi investiamo in degli strumenti che ci permettono di essere estremamente più produttivi – ha proseguito il Cavaliere del Lavoro Salerno -, questo vuol dire che le stesse persone potranno fare molto più lavoro per le nostre aziende, con conseguenti margini migliori. Allora, bisogna riutilizzare questi margini molto maggiori in welfare perché molte persone usciranno dal mercato del lavoro, sostituite da persone diverse con altre competenze”.