venerdì, 6 Giugno, 2025
Esteri

Gaza, tra bombe e veti: cresce l’indignazione internazionale

Consiglio di sicurezza Onu, gli Usa hanno bloccato una risoluzione per la tregua. Israele attacca un ospedale: 4 morti, 3 sono giornalisti. Autisti in sciopero dopo attacchi ai convogli di aiuti

Una nuova ondata di dolore ha attraversato la Striscia di Gaza. Ieri un attacco aereo israeliano ha colpito l’ospedale al-Ahli di Gaza City, causando la morte di quattro persone, tra cui tre giornalisti del canale Palestine Today. Secondo il direttore dell’ospedale, è l’ottava volta che la struttura viene colpita dall’inizio del conflitto. Contemporaneamente, l’esercito israeliano ha recuperato i corpi di due ostaggi – Judith Weinstein Haggai e Gad Haggai – rapiti e uccisi da Hamas durante l’attacco del 7 ottobre. Il presidente israeliano Isaac Herzog ha definito il ritrovamento un atto “di conforto e di giustizia”, lodando l’operazione notturna delle forze speciali e dello Shin Bet. Ma mentre Israele rivendica il diritto alla difesa, il mondo osserva con crescente allarme. A nord della Striscia, tutte le strutture sanitarie risultano inattive. E mentre la Gaza Humanitarian Foundation ha annunciato la riapertura di due centri di distribuzione di aiuti, la realtà quotidiana resta segnata da fame, assedi e attacchi continui.

Pioggia di critiche sul veto USA

Al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, l’ennesimo veto americano a una risoluzione per un cessate il fuoco ha sollevato un coro di proteste. Quattordici Paesi su quindici avevano votato a favore della proposta, che definiva “catastrofica” la situazione umanitaria a Gaza e chiedeva la revoca di tutte le restrizioni sugli aiuti. Ma gli Stati Uniti si sono opposti, sostenendo che il testo avrebbe rafforzato Hamas. Le reazioni sono state durissime. L’ambasciatore cinese Fu Cong ha accusato Washington di offrire “impunità” a Israele, nonostante violazioni del diritto internazionale umanitario. Anche la rappresentante britannica Barbara Woodward, solitamente alleata degli USA, ha parlato di una politica israeliana “ingiustificabile e sproporzionata”. L’ambasciatore palestinese all’ONU, Riyad Mansour, ha annunciato che porterà la questione all’Assemblea Generale, dove non valgono i veti, pur sapendo che le risoluzioni lì approvate non hanno valore vincolante. Ma, ha detto, “è tempo di misure concrete per evitare l’annientamento del nostro popolo”.

Il grido del patriarca

A gettare nuova benzina sul fuoco, il rapporto della commissione palestinese per i prigionieri: sarebbero almeno 71 i detenuti palestinesi morti nelle carceri israeliane dall’inizio del conflitto, 45 dei quali arrestati nella Striscia. L’ultima vittima, un uomo di 70 anni, è deceduto in prigione mesi fa, ma la notizia è stata diffusa solo ora. Intanto, il patriarca latino di Gerusalemme, Pierbattista Pizzaballa, ha lanciato un’accusa inequivocabile: “Israele sta usando la fame come arma di guerra. È inconcepibile”. In un’intervista a SkyTg24, ha aggiunto: “Mai avrei pensato che nel 2025 si potesse arrivare a impedire sistematicamente l’ingresso degli aiuti per ragioni belliche. Serve una soluzione politica, e serve ora”.

Autisti in sciopero dopo gli attacchi ai convogli

La tensione è tale che gli autisti dei convogli umanitari hanno proclamato uno sciopero, dopo che diversi colleghi sono stati uccisi in un attacco armato nella zona di Deir al-Balah. Altri risultano feriti o rapiti. L’impatto immediato sulle operazioni è ancora incerto, ma centinaia di camion carichi di aiuti restano fermi al valico di Kerem Shalom. Israele, da parte sua, sostiene che Hamas stia utilizzando gli aiuti per finanziare la propria attività militare, e ribadisce la volontà di gestire direttamente la loro distribuzione. Il ministro degli Esteri israeliano Gideon Sa’ar, in visita a Berlino, ha ribadito la posizione: “Chi minaccia Israele con sanzioni, in realtà rafforza Hamas”.

Diplomazia in fermento

A Berlino, il capo della diplomazia tedesca Johann Wadephul ha incontrato Gideon Sa’ar. Durante l’incontro, ha espresso preoccupazione per l’espansione degli insediamenti in Cisgiordania, definendola “contraria al diritto internazionale”. Wadephul ha ribadito la necessità di garantire il flusso degli aiuti umanitari, ma ha anche assicurato il continuo supporto militare a Israele, vista la minaccia di Hamas, Hezbollah e Houthi. Dall’Italia è arrivata una delle dichiarazioni più forti. Il presidente Sergio Mattarella, in un messaggio indirizzato alla Società italiana di diritto internazionale, ha denunciato “le guerre senza regole” e il loro palese disprezzo per il diritto umanitario. Pur senza riferimenti diretti, il richiamo appare inequivocabilmente rivolto alla crisi mediorientale.

Siria: attacco letale, l’UE torna in campo

Intanto, in Siria, otto civili – tra cui tre donne – sono morti a seguito di un’esplosione nei pressi di una base militare vicino a Hama. Secondo l’Osservatorio siriano per i diritti umani, si sospetta un attacco israeliano con droni. Mentre la zona resta sotto tensione, l’Unione Europea ha annunciato un pacchetto di aiuti da 175 milioni di euro per sanità, energia e agricoltura. “Vogliamo che la Siria torni a essere un Paese normale e unito”, ha dichiarato la commissaria Dubravka Suica, in visita a Damasco. Nel frattempo, la Turchia ha smentito ogni intenzione di ritirare le proprie truppe dal territorio siriano, confermando il proprio impegno nella lotta al terrorismo e contro le milizie curde di YPG.

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