La giornata di ieri ha visto alternarsi sullo scenario ucraino nuovi episodi di violenza militare e il secondo round di colloqui a Istanbul tra Kiev e Mosca. All’alba di lunedì, un’esplosione sottomarina ha colpito per la terza volta il ponte di Kerch, infrastruttura strategica che collega la Russia alla penisola di Crimea. Secondo i servizi di sicurezza ucraini (SBU), l’operazione – preparata per mesi – ha visto l’uso di 1.100 kg di esplosivo collocati sui piloni sommersi. L’attacco, che ha interrotto il traffico per circa tre ore, avrebbe compromesso la stabilità strutturale del ponte, descritto ora come “in condizioni d’emergenza”. Nessuna vittima civile è stata segnalata. Il capo dell’SBU, Vasyl Malyuk, ha rivendicato l’azione come “perfettamente legittima”, definendo il ponte un’arteria logistica fondamentale per l’esercito russo. L’operazione segna il terzo colpo inferto alla struttura dopo gli attacchi del 2022 e del 2023.Nel frattempo, un attacco missilistico russo ha colpito la città di Sumy, nel nord-est dell’Ucraina, causando la morte di tre civili. Il presidente Zelensky ha denunciato su Telegram un’aggressione deliberata contro obiettivi civili: “Le strade normali, le abitazioni, la popolazione: tutto è stato preso di mira. È un atto cinico e brutale”. In parallelo, il ministro dell’Interno ucraino Ihor Klymenko ha accusato Mosca di colpire sistematicamente il personale del Servizio di Emergenza Statale. Nell’ultima settimana sarebbero state danneggiate sei caserme dei vigili del fuoco, con attacchi secondari rivolti a chi tentava di prestare soccorso, come accaduto a Stepnohirsk, nella regione di Zaporizhia.
Istanbul: colloqui in salita
Nella sontuosa cornice del palazzo Ciragan, ieri si è tenuto il secondo round di negoziati diretti tra Russia e Ucraina. Ma chi si aspettava segnali distensivi dopo i recenti raid ucraini sulle basi russe è rimasto deluso. La delegazione di Mosca ha infatti presentato un memorandum con richieste molto rigide, tra cui il ritiro ucraino da Donetsk, Lugansk, Zaporizhzhia e Kherson, la rinuncia a ogni alleanza militare e la neutralità permanente del Paese. Il capo negoziatore ucraino, Rustem Umerov, ha confermato di aver ricevuto il documento e dichiarato che Kiev lo esaminerà nelle prossime settimane. Tuttavia, ha rilanciato chiedendo un cessate il fuoco temporaneo di 30 giorni e un incontro diretto tra Zelensky e Putin, con la possibile partecipazione di Donald Trump. Anche il presidente turco Erdogan si è detto pronto a ospitare un summit trilaterale. Ma da Mosca è arrivata una doccia fredda: il portavoce del Cremlino Dmitri Peskov ha definito l’ipotesi “improbabile”, ribadendo che ogni vertice deve essere preceduto da un lavoro tecnico sostanziale.
Scambio di prigionieri
Unico vero risultato del faccia a faccia di Istanbul è stato l’accordo su un importante scambio di prigionieri: 6.000 caduti restituiti per parte e rilascio di militari feriti, malati e under 25. “È il più grande scambio dall’inizio del conflitto”, ha sottolineato il capo negoziatore russo Vladimir Medinsky. La tregua parziale di due o tre giorni proposta da Mosca, però, è stata concepita solo per facilitare il recupero delle salme e non segna un passo avanti verso la fine dei combattimenti. Durante il colloquio, la delegazione ucraina ha anche consegnato una lista di 339 bambini che Kiev accusa Mosca di aver deportato. I russi negano qualsiasi rapimento, sostenendo di averli “salvati” e dichiarandosi disposti a restituirli ai tutori riconosciuti. Nelle settimane scorse, sono stati effettivamente restituiti 101 bambini, mentre l’Ucraina ne ha riconsegnati 22.
La linea dell’Europa
Le richieste russe sono state duramente criticate dalla Commissione europea, che le ha definite “inaccettabili” e sintomo del fatto che Mosca non sta negoziando in buona fede. “Le condizioni imposte violano l’integrità territoriale ucraina”, ha dichiarato una portavoce dell’UE, aggiungendo che le prossime settimane saranno decisive per valutare la reale volontà di Putin di fermare il conflitto. La commissaria all’Allargamento, Marta Kos, ha ribadito che l’adesione dell’Ucraina all’Unione rappresenta una “garanzia di sicurezza”, sottolineando i progressi nelle riforme in settori cruciali. Anche Roberta Metsola, presidente del Parlamento europeo, ha lanciato un monito da Copenhagen: “Il tempo dell’esternalizzazione geopolitica è finito. L’Europa deve assumersi la responsabilità della propria sicurezza”.
Nato e diplomazia
Zelensky ha annunciato l’invito ufficiale al vertice Nato dell’Aia, previsto per il 24-25 giugno. Tuttavia, secondo il New York Times, non è scontato che vi sarà una sessione del Consiglio Nato-Ucraina, tradizionalmente organizzata ogni due anni. Ancora incerta anche la presenza del leader ucraino alla cena inaugurale, mentre è probabile la sua partecipazione a un forum dedicato all’industria della difesa. Sul fronte italiano, il ministro degli Esteri Antonio Tajani ha dichiarato che l’ipotesi di invio di truppe in Ucraina è ormai accantonata: “Ha prevalso la linea italiana. Ora si tratta di puntare su una tregua, e forse su una pace entro la fine dell’anno”.