Mentre i negoziati per una tregua a Gaza entrano in una fase delicatissima, emergono segnali contrastanti dalle parti in causa. Hamas ha fatto pervenire ai mediatori una risposta “positiva ma con osservazioni” alla proposta avanzata dall’inviato speciale della Casa Bianca, Steve Witkoff. Il piano statunitense prevede una tregua di 60 giorni e il rilascio scaglionato degli ostaggi israeliani, ma il movimento palestinese insiste su una controproposta che modifica tempi e modalità della liberazione. La novità più rilevante sta nella scansione del rilascio: non più due fasi nella prima settimana, ma cinque momenti distribuiti lungo l’intera durata della tregua. Quattro ostaggi vivi sarebbero liberati il primo giorno, altri due al trentesimo, e ancora quattro al sessantesimo. I corpi degli ostaggi deceduti verrebbero restituiti il 30esimo e poi il 50esimo giorno. Da Tel Aviv arriva una reazione netta: “È un rifiuto di fatto”, ha dichiarato un funzionario israeliano al Times of Israel, evidenziando come le modifiche proposte da Hamas vengano interpretate come un tentativo di guadagnare tempo o di ottenere vantaggi tattici.
Trump: “Siamo molto vicini a un accordo”
Dietro le quinte, tuttavia, resta lo scoglio più delicato: la presenza israeliana nei territori. Hamas pretende un ritiro delle Forze di Difesa Israeliane (IDF) alle posizioni precedenti alla ripresa delle ostilità lo scorso marzo, oltre a garanzie vincolanti da parte degli Stati Uniti sul rispetto della tregua. Da parte sua tuttavia il presidente Donald Trump ha alimentato le speranze: “Israele e Hamas sono molto vicini a un accordo su Gaza”, ha dichiarato ieri ai giornalisti a Washington. “Vi faremo sapere tra oggi e domani”, ha aggiunto, lasciando intendere che si è giunti alle battute finali di un processo diplomatico intensissimo. Alla domanda su un’eventuale approvazione da parte di Hamas, Trump ha risposto: “Sono nei guai. Penso che vogliano uscire da questo pasticcio”.
Israele blocca ministri arabi in Cisgiordania
Nel frattempo, un nuovo incidente diplomatico ha riacceso la tensione tra Israele e i Paesi arabi moderati. Il governo israeliano ha impedito una visita storica in Cisgiordania di una delegazione di rappresentanti dei ministri degli Esteri di Arabia Saudita, Egitto, Emirati Arabi, Giordania, Qatar e Turchia guidata dal capo della diplomazia saudita. Il gruppo avrebbe dovuto incontrare il presidente palestinese Mahmoud Abbas a Ramallah. Secondo un alto funzionario israeliano, l’incontro era finalizzato a sostenere la creazione di uno Stato palestinese, un’iniziativa che Israele considera lesiva della propria sicurezza. A complicare il quadro, l’annuncio congiunto di Arabia Saudita e Francia di una prossima conferenza alle Nazioni Unite per rilanciare la soluzione dei “due Stati”. Parigi starebbe valutando anche un possibile riconoscimento ufficiale dello Stato palestinese.
Gaza al collasso
Mentre i colloqui si susseguono a livello politico e diplomatico, la situazione sul terreno resta drammatica. Le Nazioni Unite hanno denunciato un gravissimo episodio avvenuto a Deir el-Balah, dove uomini armati hanno fatto irruzione in un magazzino ospedaliero, saccheggiando forniture mediche, attrezzature, farmaci e integratori alimentari destinati ai bambini malnutriti. “Un atto vergognoso in un momento di disperata necessità umanitaria”, ha commentato il portavoce del segretario generale dell’ONU, Stephane Dujarric.
Tajani: “Adam verrà in Italia, simbolo di speranza”
Nel mezzo di questo scenario complesso, si è aperta una finestra di umanità con la notizia dell’arrivo in Italia del piccolo Adam, il bambino palestinese sopravvissuto a un raid in cui la madre, una pediatra, ha perso altri nove figli. “La mamma ha deciso di mandarlo in Italia appena possibile, accompagnato dalla zia e da altri bambini,” ha annunciato il ministro degli Esteri Antonio Tajani, spiegando che l’operazione potrebbe avvenire attorno all’11 giugno. Tajani ha sottolineato il valore simbolico di questo gesto: “Dimostra quanto il popolo palestinese guardi all’Italia come a un luogo di speranza”. Il ministro ha anche espresso l’auspicio che Hamas accetti il cessate il fuoco: “Dopo Israele, ora tocca a loro. È ora di chiudere questa fase e aprirne una nuova”. Tajani ha poi rilanciato la proposta italiana per un futuro ruolo delle Nazioni Unite nella ricostruzione e nel riassetto della Palestina: “Se si decidesse per una missione ONU a guida araba, l’Italia è pronta a inviare militari come già fatto con l’UNIFIL al confine tra Israele e Libano”.