lunedì, 2 Giugno, 2025
Attualità

Evasione fiscale, i Comuni voltano le spalle: solo 6 milioni recuperati in un anno

Su quasi 8.000 amministrazioni locali, appena il 3,7% ha inviato segnalazioni qualificate all’Agenzia delle Entrate

Nel 2023 solo 296 Comuni hanno trasmesso segnalazioni circostanziate su casi di infedeltà fiscale relativi a Irpef, Ires, Iva e imposte di registro, ipotecarie e catastali. In virtù della legge vigente, a questi enti è stato riconosciuto il 50% delle somme accertate, ovvero circa 3 milioni di euro complessivi di entrate aggiuntive. Una cifra marginale rispetto all’enorme sommerso fiscale stimato annualmente in Italia. Su quasi 7.900 Comuni presenti nel Paese, appena il 3,7% si è attivato per trasmettere segnalazioni qualificate. Milano è stato l’ente più attivo, con 397.991 euro incassati, seguito da Genova (381.871), Prato (184.579) e Lodi (157.435). A sorprendere, però, sono soprattutto i numeri del Mezzogiorno, dove l’evasione fiscale, il lavoro nero e l’abusivismo edilizio raggiungono punte molto elevate. Qui, i risultati sono stati praticamente nulli: Bari ha incassato solo 1.776 euro, Palermo 1.373, Napoli 773 e Agrigento appena 267 euro. Catania, Caserta, Foggia e Trapani non risultano aver presentato alcuna segnalazione.
Sarebbe ingeneroso accusare i sindaci italiani di totale indifferenza verso l’evasione. Come evidenziato dalla Cgia di Mestre, le segnalazioni che i Comuni devono inoltrare devono essere precise, documentate e contenere informazioni identificative specifiche dei presunti evasori. Ciò richiede competenze tecniche e investigative, per le quali molti Comuni non sono attrezzati. Piante organiche ridotte, mancanza di personale formato e risorse limitate rappresentano ostacoli strutturali difficilmente superabili senza un adeguato supporto da parte dello Stato.

Quando il consenso viene prima della legalità

Ma c’è anche un’altra faccia della medaglia, meno giustificabile. In alcuni territori, la mancata lotta all’evasione può rientrare in logiche di consenso politico. In contesti dove l’abusivismo edilizio o il lavoro nero rappresentano una forma di sopravvivenza per fasce consistenti della popolazione, chiudere un occhio può sembrare più conveniente, almeno nel breve periodo. Tollerare chi costruisce una casa abusiva o lavora senza contratto può significare, in alcuni casi, garantirsi voti e appoggi elettorali. Una deriva pericolosa che alimenta l’illegalità e penalizza i cittadini onesti. Il quadro del Mezzogiorno è desolante: dei 296 Comuni attivi, solo 40 sono ubicati nel Sud Italia. Da questi sono derivati recuperi per 203.619 euro, di cui la metà (poco più di 100.000 euro) è tornata nelle casse comunali. In Calabria, ad esempio, l’evasione fiscale stimata è del 19,4%, ma nel 2023 appena dieci Comuni hanno inviato segnalazioni. Lo stesso vale per la Puglia (17,5% di evasione stimata), la Campania (17,2%) e la Sicilia (16,7%). In regioni dove l’abusivismo edilizio raggiunge picchi del 50%, come documenta l’Istat, è difficile credere che non vi fossero casi da segnalare.
I margini di intervento dei Comuni sono ampi. Le segnalazioni possono riguardare attività commerciali non dichiarate, edifici abusivi, seconde case non registrate, residenze fittizie all’estero e beni di lusso posseduti da soggetti privi di redditi ufficiali. Si tratta, in larga parte, di informazioni di cui i Comuni sono già in possesso, grazie ai controlli legati alla Tari, ai permessi edilizi, alle dichiarazioni anagrafiche. Inviare queste segnalazioni all’Agenzia delle Entrate permetterebbe di aumentare le entrate locali e migliorare i servizi ai cittadini.

Formazione, digitalizzazione e incentivi

Affinché i Comuni possano giocare un ruolo più incisivo nella lotta all’evasione, è necessario investire nella loro formazione e digitalizzazione. Servono corsi specifici per i dipendenti comunali, piattaforme informatiche integrate tra enti locali e Agenzia delle Entrate, e strumenti normativi più snelli per incentivare le segnalazioni. È inoltre auspicabile che venga aumentata la quota del 50% riconosciuta ai Comuni sugli importi recuperati, per stimolare una partecipazione più attiva.

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