giovedì, 29 Maggio, 2025
Salute

Musicoterapia e Alzheimer: la forza della musica, il sostegno della comunità

Note che restano

Ci sono esperienze che non si raccontano con numeri né grafici, ma con sguardi, pause, risate improvvise e silenzi pieni di senso. Ci sono progetti che nascono come idee su un foglio e finiscono per diventare nuovi modi di vivere, di curare, di stare insieme. Uno di questi è il progetto “Rotary Alzheimer – Help & Support”, promosso dal Rotary Club di Vasto in collaborazione con l’Associazione Alzheimer Vasto (AVI), alcune scuole del territorio di Vasto, i Conservatori musicali dell’Aquila e Pescara, la Scuola Civica Musicale e tanti altri partner.

In un tempo in cui la fragilità sembra spesso un peso da nascondere, questo progetto ha avuto il coraggio di metterla al centro. Con dolcezza, professionalità e determinazione. Ha fatto parlare la musica, dove le parole non arrivavano più.

Quando la musica incontra la scienza

La musicoterapia è oggi riconosciuta, dopo anni di studi e conferme scientifiche, come uno degli strumenti non farmacologici più efficaci nel trattamento delle demenze. Diversi studi internazionali dimostrano che la memoria musicale – a differenza di quella verbale o spaziale – resta sorprendentemente attiva anche nelle fasi più avanzate dell’Alzheimer. La musica accende circuiti cerebrali profondi, stimola l’attenzione, migliora l’umore, favorisce la relazione.

Dal 2021, la musicoterapia in Italia è riconosciuta anche a livello accademico: il Decreto Ministeriale del 14 ottobre ha incluso la disciplina tra le attività formative universitarie con valenza sanitaria. Questo ha segnato un punto di svolta, dando valore istituzionale a una pratica che già da tempo dimostrava i suoi effetti nella clinica e nella ricerca.

Il progetto “Rotary Alzheimer” si è inserito perfettamente in questo nuovo contesto: ha offerto agli studenti dei Conservatori e dei licei musicali un’opportunità formativa sul campo, trasformando le aule in luoghi di relazione concreta. Ma ha anche generato dati osservativi utili per possibili riflessioni future, permettendo di immaginare un modello replicabile, centrato sulla persona e validato dalla pratica.

Lo abbiamo visto accadere. Nelle sessioni settimanali con i pazienti, realizzate nella sede AVI grazie al lavoro di équipe di musicoterapisti, geriatri e volontari, abbiamo assistito a piccoli, grandissimi “piccoli” passi: chi non parlava più ha iniziato a canticchiare, chi sembrava perso ha battuto il tempo con le mani, chi era chiuso in sé ha guardato negli occhi, di nuovo.

La dottoressa Claudia Sacchet, medico geriatra e collaboratrice AVI, ha seguito da vicino l’impatto clinico del progetto:

“Durante le sedute di musicoterapia tutti i pazienti con demenza si sono mostrati attivi, sorridenti, presenti. Anche coloro che inizialmente faticavano a mantenere l’attenzione hanno mostrato progressi. L’umore è migliorato visibilmente e i familiari si sono detti entusiasti.”

Un progetto di comunità

L’intuizione iniziale è nata all’interno delle attività del “Caffè Alzheimer”, uno spazio di incontro e supporto già attivo dal 2015 a Vasto. Come racconta Pasquale Colamartino, coordinatore del progetto per il Rotary:

“Quando ho cominciato a collaborare insieme ad altri amici del Rotary di Vasto alle attività del Caffè Alzheimer, mi sono reso conto di quanto sono complessi i bisogni assistenziali di questo tipo di pazienti e quanto sia difficile il ruolo dei caregiver e delle famiglie. Dovevamo fare di più. Dopo aver riflettuto a lungo su quale tipo di intervento il Rotary poteva realizzare investendo le sue risorse umane e organizzative, abbiamo pensato alla musica, che tra le terapie non farmacologiche rappresenta un elemento unificante e trasversale per l’assistenza e il miglioramento della qualità della vita sia dei pazienti che delle loro famiglie.
Sono proprio i pazienti, i loro caregiver e i giovani coinvolti che ci stanno incoraggiando a proseguire in questa direzione, e questo è il miglior risultato che ci potevamo attendere. Quindi continueremo questa nostra iniziativa nei prossimi anni, cercando di ampliare sempre di più la rete di partenariato e di coinvolgere altre realtà territoriali dell’Abruzzo e di altre regioni.”

La forza di “Help & Support” è proprio questa: non è un’iniziativa calata dall’alto, ma una rete viva, che unisce famiglie, operatori, giovani, istituzioni. Una comunità che si prende cura. Una comunità che risuona.

Emozione, professionalità, speranza

L’organizzazione di un progetto così ampio non è stata semplice. Come sottolinea Pierpaolo Sticca, musicista e responsabile della segreteria organizzativa:

“Ogni passo è stato affrontato con il cuore e la consapevolezza di quanto la musica possa portare luce in contesti complessi come quello dell’Alzheimer. Da musicista, il momento più emozionante è stato vedere gli sguardi illuminarsi, i sorrisi riemergere. È lì che capisci che la musica non è solo suono, ma connessione, relazione, memoria emotiva.”

Chi scrive, come psicologa, ha imparato che nel lavoro con l’Alzheimer non ci sono formule. Ma ci sono presenze e ascolto. Ogni volta che una melodia ha attraversato quella stanza, ha lasciato un segno. Un segno che non scompare, nemmeno quando tutto sembra svanire. Perché resta nell’emozione di chi la ascolta, soprattutto se l’emozione è l’unico canale rimasto per comunicare.

La voce delle famiglie, il coraggio dell’AVI

L’Associazione Alzheimer Vasto è stata – ed è – il cuore pulsante di questa avventura. La presidente Maria Molino, con voce emozionata ma ferma, ha sintetizzato così l’essenza del progetto:

“Senz’altro questa esperienza ha portato dei risultati positivi. In particolare, nelle sessioni individuali con i musicoterapeuti, i pazienti, i caregiver e uno di noi operatori, ho avuto modo di osservare una grande sensazione di benessere. Gli utenti coinvolti apparivano più sereni, protagonisti, e a tratti molto gioiosi. Questo stato si rifletteva anche nei familiari, che hanno mostrato fiducia nel progetto, apprezzandone a loro volta i risultati. Grande importanza è stata data all’ascolto e alle preferenze musicali individuali, come a trovare una via d’accesso privilegiata che tocchi il cuore, rassicuri e risvegli emozioni semplicemente assopite.”

I numeri aiutano a misurare l’impatto, ma sono le esperienze a raccontarne davvero il significato. Tra coloro che hanno assistito alle sessioni di Musicoterapia, ci sono stati figli che hanno riconosciuto un gesto familiare, coniugi che hanno ritrovato un momento di vicinanza, volontari colpiti dall’intensità di una canzone condivisa…e persone con Alzheimer che, anche solo per qualche minuto, hanno riconquistato uno spazio di presenza autentica.

Note che uniscono: l’Alzheimer Band

Una delle intuizioni più sorprendenti del progetto è stata la nascita della “Alzheimer Band”, un ensemble aperto e intergenerazionale. Coinvolge attualmente soci del Rotary con competenze musicali, ma l’obiettivo è chiaro: aprire la formazione anche a pazienti, caregiver, studenti dei Conservatori e del liceo musicale, creando uno spazio davvero condiviso. Non servirà essere musicisti di professione, ma avere la volontà di partecipare, ascoltare, suonare insieme. Un passo alla volta, verso una band che sia davvero intergenerazionale, inclusiva e capace di rappresentare la forza della relazione.

Questa nasce come idea non solo simbolica, ma concreta: valorizzare le competenze, favorire l’inclusione, dare un volto nuovo alla fragilità…Mettere in rete mondi che raramente si incontrano: la scuola e l’assistenza, l’arte e la medicina, la giovinezza e la vecchiaia.

Il Rotary come motore del cambiamento

A credere fortemente in questo progetto è stato l’attuale presidente del Rotary Club di Vasto, Francesco Colantonio:

“Come Presidente del Club Rotary di Vasto, sono orgoglioso di aver contribuito alla nascita di questo progetto, che ritengo innovativo sia per i suoi contenuti scientifici sia per le modalità con cui viene svolto.
Il progetto rientra pienamente nelle linee d’intervento del Rotary International, che ha investito notevoli risorse organizzative ed economiche per la prevenzione, la diagnosi e la gestione della demenza e della malattia di Alzheimer.
L’impegno del nostro Club su questo tema è ormai decennale, e a partire da quest’anno rotariano, visti i risultati positivi delle precedenti attività, abbiamo deciso di dare continuità ideando ‘Rotary Alzheimer – Music, Help & Support, rappresentando pienamente lo spirito rotariano: fare la differenza, nel presente e per il futuro.”

Un futuro che il Rotary vuole continuare a costruire: espandendo il progetto, formando studenti e operatori, creando sinergie con altri territori e promuovendo una cultura della cura che parta dalle persone, dalla loro dignità e dai loro bisogni.

Oltre la terapia: un atto d’amore

C’è una frase, attribuita al poeta Khalil Gibran, che ha guidato molte delle riflessioni emerse lungo questo cammino: “La musica è il linguaggio dello spirito. Apre il segreto della vita portando la pace.”

È così. In ogni nota c’è un valore umano, un frammento di storia, un’occasione per riconnettersi con sé stessi e con gli altri. In ogni seduta, un incontro. In ogni gesto, un filo che cuce. Forse non possiamo fermare l’Alzheimer. Ma possiamo “abitarlo” in modo diverso. Possiamo scegliere di non lasciare sole le persone. Possiamo trasformare il silenzio in melodia.

E allora sì, forse non potremo cambiare il decorso della malattia. Ma potremo esserci. Con rispetto, con ascolto, con un ritmo che è insieme presenza, relazione e dignità.

Il senso di un percorso

“Rotary Alzheimer – Help & Support” non è un progetto esente da complessità. È un progetto reale. È stato costruito passo dopo passo, dentro i vincoli della logistica, dei limiti burocrativi, dei limiti umani. Ma ha messo al centro le persone. E lo ha fatto con competenza, con ascolto, con un’idea forte di comunità.

In un contesto come quello dell’Alzheimer, dove le parole si smarriscono e le identità si offuscano, è proprio la relazione a fare la differenza. La musica, in questo percorso, ha rappresentato un linguaggio alternativo e potente. Non risolve tutto. Non sostituisce le cure mediche. Ma restituisce spazio alla presenza, alla memoria emotiva, al contatto umano.

Questa è, forse, la sfida più grande: continuare a costruire reti che non si limitino a “fare del bene”, ma che siano capaci di generare cambiamento vero. Questo progetto è un primo passo in quella direzione.

Se anche solo una persona, per un momento, si è sentita vista, ascoltata, riconosciuta, allora qualcosa è accaduto. E quel qualcosa merita di essere raccontato.

Dott.ssa Chiara Lombardi, psicologa clinica

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