lunedì, 26 Maggio, 2025
Esteri

Strage di bambini a Gaza, proteste a Tel Aviv: cresce la pressione su Netanyahu

Idf, aperta inchiesta sui 9 bambini uccisi a Khan Younis. Proteste a Tel Aviv, la denuncia degli ex-ostaggi contro Idf. Crosetto: Netanyahu sbaglia

Tel Aviv si risveglia sotto una doppia scossa: da un lato, le immagini strazianti di nove bambini sotto i dodici anni uccisi in un attacco israeliano a Khan Younis; dall’altro, la piazza gremita di manifestanti che mostrano al mondo le loro foto, chiedendo la fine della guerra e accusando il governo di Benjamin Netanyahu di aver perso la bussola morale. Ieri, in una delle proteste più partecipate delle ultime settimane, migliaia di persone si sono radunate nel centro della capitale israeliana con cartelli che mostravano i volti delle vittime palestinesi. La madre, una pediatra in servizio all’ospedale Nasser, si è salvata solo perché al lavoro. Gravemente feriti il padre e un altro figlio undicenne. L’esercito israeliano ha confermato di aver condotto un’operazione nella zona, dichiarando di aver colpito “sospetti armati in un’area da tempo segnalata come zona di combattimento e precedentemente evacuata per la sicurezza dei civili”. Tuttavia, di fronte alle accuse di aver colpito una famiglia innocente, le Forze di Difesa israeliane (Idf) hanno aperto un’indagine interna. L’episodio ha suscitato reazioni anche sul piano internazionale. L’UNRWA, l’agenzia ONU per i rifugiati palestinesi, ha lanciato un appello urgente chiedendo la protezione dei bambini e la fine degli “attacchi indiscriminati”. “Stanno vivendo sofferenze inimmaginabili: affamati, sfollati, terrorizzati. Questo deve finire”, si legge in una nota diffusa su X. Secondo l’agenzia, nei soli ultimi due mesi almeno 950 minori sono stati uccisi nei raid su Gaza.

Malcontento in Israele

A Tel Aviv, tra gli interventi pubblici, ha colpito quello di Naama Levy, ex ostaggio rilasciata a gennaio. “A Gaza, ciò che temevo di più non era Hamas ma i bombardamenti israeliani”, ha detto tra le lacrime. “Il suono del missile che cade, il boato che ti paralizza, la terra che trema: ogni volta pensavo fosse la mia fine”. Il suo racconto ha lasciato ammutolita la platea riunita nello spazio ‘Hostage Square’, epicentro delle proteste. I numeri parlano chiaro: secondo un recente sondaggio del canale N12, il 55% degli israeliani ritiene che l’obiettivo principale di Netanyahu non sia la liberazione degli ostaggi, ma la propria permanenza al potere. Solo il 36% crede che la priorità del premier sia il ritorno a casa delle persone ancora prigioniere a Gaza. Segnali di cambiamento arrivano anche sulla questione degli aiuti. Secondo una lettera ottenuta dall’Associated Press, Israele potrebbe aver fatto marcia indietro rispetto alla sua politica di controllo totale sulla distribuzione degli aiuti umanitari a Gaza. Il documento – firmato da Jake Wood, direttore della Gaza Humanitarian Foundation (GHF) – conferma un accordo per affidare alle agenzie internazionali, in particolare le Nazioni Unite, la distribuzione di aiuti non alimentari (come medicine, prodotti igienici e materiali per alloggi). Una novità significativa, dopo mesi di critiche per il blocco quasi totale dei soccorsi.

Usa chiedono di rimandare operazioni

Una pressione che si fa sentire anche da alleati storici. Gli Stati Uniti, secondo quanto riferito al Jerusalem Post da fonti diplomatiche, avrebbero chiesto a Israele di posticipare l’inizio di un’operazione militare su vasta scala a Gaza, per non ostacolare le trattative in corso su un possibile accordo sugli ostaggi. Tuttavia, le autorità israeliane hanno fatto sapere che, una volta avviata l’offensiva terrestre, non intendono ritirarsi dalle zone conquistate, neanche in caso di accordo. Un eventuale cessate il fuoco, dunque, si fa sempre più difficile da negoziare.

Attacchi e raid

Nel frattempo, prosegue la spirale di violenza. Almeno venti persone sono morte domenica in una serie di raid israeliani a Khan Younis, Jabalia e Nuseirat. Tra le vittime, il giornalista Hassan Majdi Abu Warda, ucciso insieme a diversi membri della sua famiglia, e Ashraf Abu Nar, dirigente dei servizi di soccorso civili, morto con la moglie. Il bilancio complessivo dei giornalisti palestinesi uccisi nella Striscia dal 7 ottobre 2023 sale così a 220. Le brigate armate di Hamas e Jihad Islamica hanno rivendicato nuove imboscate e attacchi contro le truppe israeliane, in un’escalation che sembra ormai non avere freni. E mentre a Gaza si continua a morire, a Gerusalemme ieri sono suonate le sirene d’allarme. Un missile lanciato dallo Yemen è stato intercettato dal sistema difensivo dell’Idf. Nessun danno, ma il segnale è chiaro: il conflitto è ormai parte di un teatro ben più ampio.

Crosetto: Netanyahu sbaglia

A livello politico, si moltiplicano le voci critiche. Anche all’interno del governo italiano. In un’intervista rilasciata a Il Tempo, il ministro della Difesa Guido Crosetto ha condannato apertamente la strategia di Netanyahu: “Hamas va combattuta, ma non infliggendo queste morti e sofferenze ai civili. La tutela delle vite innocenti deve prevalere. Non possiamo accettare la normalità del danno collaterale, specie quando diventa la regola”. Crosetto ha aggiunto che “l’amicizia con Israele non implica silenzio di fronte a ciò che sta accadendo al popolo palestinese”.

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