domenica, 25 Maggio, 2025
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Cultura

Orsi e lupi nel mirino, un pericolo per l’ecosistema

Due specie animali accomunate dal rischio di estinzione per mano dell’uomo: dal bracconaggio, alla caccia, al declassamento di categoria di protezione. Mentre le associazioni fanno ricorso contro la proposta europee appena votata dal Parlamento, scienziati ed esperti concordano sul fatto che difendere la biodiversità sia necessaria senza se e senza ma

Di una visione interconnessa della vita sul pianeta terra, in cui l’essere umano è parte di un complesso ecosistema in cui ogni vita, in ogni forma, concorre alla sopravvivenza delle altre si è recentemente discusso al convegno “L’involuzione, lupi e orsi nel mirino”, organizzato da Alleanza Antispecista nella Sala dell’Istituto di Santa Maria in Aquiro del Senato. Lupi e orsi, infatti, soffrono pregiudizi e pericoli da parte dell’uomo, che tra bracconaggio e incidenti di matrice antropica, ne mettono a serio rischio la sopravvivenza. Ciononostante, l’attuale panorama politico-normativo, italiano ed europeo, sta mettendo in campo pericolose direttive, che minacciano seriamente le specie animali. “Esprimo grande preoccupazione per la condizione persecutoria in cui vivono gli animali – ha commentato la Senatrice Alessandra Maiorino, promotrice dell’evento – e per le recenti proposte di legge quali il declassamento del lupo e il Ddl caccia, a danno di etica, scienza, esseri umani, animali ed equilibro dell’ecosistema”.

La situazione degli orsi

Per quanto riguarda gli orsi, la Regione autonoma del Trentino Alto Adige, dove sono presenti circa 98 esemplari di orso, ha appena approvato, nel 2024, il Ddl orsi, che prevede la possibilità di abbattere fino a 8 esemplari all’anno, 4 adulti e 4 cuccioli, in caso di animali ritenuti pericolosi o confidenti. Una legge questa che ha indignato opinione pubblica e associazioni, le quali hanno richiesto a Bruxelles di aprire una procedura di infrazione contro la provincia di Trento e il Governo.

Ancor più critica è la situazione dell’orso bruno marsicano, una sottospecie esigua, unica al mondo, stimata in circa 60 individui, distribuita solo nell’area centro-appenninica, tra Abruzzo, Lazio e Molise, a rischio critico di estinzione. Occorre, infatti, tenere conto che dei 60 orsi circa che costituiscono la popolazione di questa sottospecie, pochi sono femmine e si riproducono ogni 3-5 anni, generando da 1 a 3 cuccioli che richiedono un alto investimento parentale, ossia vengono accuditi dalla mamma almeno fino a due anni, minacciati comunque da un’alta mortalità infantile. A questa specie appartenevano Juan Carrito, morto investito in una strada afferente la sua area protetta e Amarena, fucilata alle spalle dentro un giardino privato mentre era con i suoi cuccioli. Purtroppo, per ragioni antropiche muore in media una femmina l’anno.

Il valore dell’orso

E’ necessario per il benessere dell’ecosistema aprire gli occhi sulla risorsa che questa specie costituisce per gli esseri umani. “L’Orso – ha spiegato al convegno Antonio Di Croce, Direttore della Riserva Naturale Regionale Monte Genzana Alto Gizio, prima comunità a misura d’orso certificata in Italia – tipicamente è una specie che in ecologia può essere identificata e definita come una specie ‘bandiera’, valutata per fungere da ambasciatrice, icona o simbolo per un habitat. Specie ‘chiave’, che svolge un ruolo essenziale nella struttura, nel funzionamento o nella produttività di un habitat o di un ecosistema a un livello definito, ad esempio nell’interazione con altre specie di fauna e flora, con gli habitat, il suolo, la dispersione dei semi, etc”. Occuparsi della tutela di questi animali ha ricadute decisive sulla salvaguardia della nostra stessa specie, perché il benessere del luogo in cui l’orso deve vivere significa benessere dell’acqua, dei terreni e di tutto un ecosistema, che si ripercuote sulla qualità della vita anche dell’uomo. “L’orso è anche una specie ‘ombrello’ – continua Di Croce -, perché la tutela di queste specie protegge indirettamente, a cascata, le molte altre specie che compongono la comunità ecologica del loro habitat; parliamo di una specie che necessita di esigenze ecologiche e di porzioni di habitat così ampi che, salvaguardarla, salverà automaticamente le molte altre specie che vivono nello stesso ecosistema, uomo compreso!”.

Il declassamento del lupo, approccio ideologico regressivo

Sul lupo si è abbattuto un rischio ancora maggiore, se possibile. L’8 maggio scorso il Parlamento Europeo ha approvato la proposta di declassamento del lupo da “specie rigorosamente protetta” a “specie protetta, in attesa dell’approvazione finale in Consiglio prevista per metà giugno. Nel concreto questo consentirebbe la cattura e uccisione del lupo in determinate circostanze, aprendo la strada agli abbattimenti selettivi se reputati necessari per la salvaguardia di uomini e allevamenti. Green Impact, Wwf, Lndc Animal Potection, l’ungherese Nagy Tavak e la francese One Voice, hanno presentato ricorso alla Corte di Giustizia dell’Unione europea, per la mancanza di un’adeguata istruttoria tecnico-scientifica; l’assenza di una reale motivazione; la violazione del principio di precauzione, concetto cardine del diritto ambientale e sanitario, per cui non si agisce in caso di incertezza scientifica e possibile danno; il difetto di proporzionalità ( art.5 del trattato sull’U.E. che garantisce che le misure adottate siano idonee, necessarie e proporzionate al problema). “In nome di un malinteso concetto di ‘equilibrio’ – ha spiegato l’avvocato Luca D’Agostino -, che tende a stravolgere l’impianto normativo della conservazione, si fa apparire la presenza del lupo non come una risorsa ecologica da proteggere, bensì come un ostacolo da rimuovere”.

I dati scientifici infatti parlano chiaro: i lupi in Italia sono 3.300, con una mortalità annua stimata intorno al 30%, a causa di bracconaggio, caccia, avvelenamento e incidenti per mano dell’uomo. Mentre i danni concreti da predazione da parte dei lupi sono solo il 54% di quelli denunciati e sempre interamente risarciti, creando anche speculazioni intorno al fenomeno. “Nel caso che ci occupa – ha aggiunto D’Agostino -, purtroppo, si è ignorato l’obbligo di attendere riscontri scientifici consolidati e imparziali e si è scelto di privilegiare l’interesse politico di breve termine rispetto alla necessaria prudenza che il diritto impone in materia ambientale. Perché distruggere un equilibrio ecologico richiede solo pochi mesi. Ma ricostruirlo, ammesso che sia ancora possibile, può richiedere decenni. E non vi è maggior irresponsabilità, da parte del decisore pubblico, che quella di sacrificare il futuro in nome della contingenza. Siamo davanti a una vera e propria involuzione ideologica”.

Il lupo, una risorsa e non problema

Il lupo rappresenta un grande equilibratore dell’ecosistema e, dunque, una risorsa imprescindibile per la salute dei luoghi. “Il lupo è un predatore apicale, ossia al vertice della catena alimentare – ha sottolineato Antonio Iannibelli, fotografo naturalista – fondamentale per l’ordine ecologico. Regola fauna selvatica, evitando il sovraffollamento, oltre ad essere un ottimo controllore sanitario, eliminando animali deboli e malati e riducendo la diffusione di malattie. Eppure nella mia vita ho visto più lupi morti che vivi, a causa di bracconaggio e avvelenamenti”.

La nostra tradizione culturale è ricca di una simbologia edificante sul legame tra uomo e lupo: dalla lupa della leggenda della fondazione di Roma, alle storie nate intorno a San Francesco. Sarebbe, dunque, necessario ripristinare un approccio relazionale con questi animali. “Siamo noi che stiamo occupando il territorio dei lupi – ha evidenziato Andrea Mazzatenta, Professore di Biologia dell’Università “G. D’Annunzio” di Chieti -, siamo noi gli ospiti ed è nostra responsabilità comportarci in modo rispettoso per ridurre il conflitto antropico. Il nostro considerare la natura per singola specie, ignorando l’equilibrio globale ha già creato danni ambientali importanti. La cascata trofica che il lupo ha sull’ecosistema è straordinario, rendendolo il principale conservatore della biodiversità ”.

L’idea di natura che la politica, e certa parte della società, sta costruendo è alienante, mentre gli animali possono guidarci verso una riconnessione con il Pianeta. “Dobbiamo guardare ad altri esseri viventi come insegnanti – ha concluso Gabriele Bertacchini, naturalista e divulgatore scientifico -, risollevandoci dai problemi che noi abbiamo creato. Noi abbiamo perso il senso del limite e la connessione con la natura. E’ grazie a loro che possiamo recuperare il concetto di sacralità della vita, una nuova visione che salverà noi per primi”.

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