domenica, 25 Maggio, 2025
Esteri

Guerra in Ucraina: scambi di prigionieri e nuove sanzioni

Zelensky: "Solo altre sanzioni costringeranno Mosca a cessare il fuoco". Bloomberg: l'Ue valuta di escludere 20 banche dal sistema Swift

Nella giornata di ieri Russia e Ucraina hanno dato seguito allo scambio di prigionieri più consistente dall’inizio della guerra. Altri 307 militari ucraini sono stati liberati, portando il totale a 697 rimpatriati in sole 48 ore. L’operazione, frutto degli accordi negoziati la scorsa settimana a Istanbul, rientra nel quadro di uno scambio su larga scala: mille prigionieri per parte. Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha definito l’iniziativa “un passo concreto verso la giustizia”, ringraziando tutti i mediatori che hanno lavorato instancabilmente per realizzarla. Tra i soldati tornati in patria figurano membri dell’esercito, della Guardia nazionale e delle forze di frontiera. “L’obiettivo resta quello di riportare a casa ogni singolo soldato ancora detenuto”, ha ribadito Zelensky. Dall’altra parte, Mosca rivendica l’iniziativa come prova della propria volontà negoziale. Maria Zakharova, portavoce del ministero degli Esteri russo, ha dichiarato che “lo scambio smentisce le accuse occidentali secondo cui la Russia non intende trattare”. Secondo la diplomatica, l’azione rende obsoleti i tentativi diplomatici europei, etichettati come “intrighi inutili”. Anche le Nazioni Unite hanno accolto positivamente la notizia. Il portavoce del Segretario generale, Stéphane Dujarric, ha espresso la speranza che tali gesti “aprono la strada a una riduzione delle ostilità”, sottolineando l’importanza dei primi contatti diretti tra le parti dopo oltre tre anni. Il presidente statunitense Donald Trump, che si è attribuito un ruolo decisivo nel promuovere l’accordo, ha parlato di “un grande passo avanti”, pur senza fornire dettagli.

Bombe e droni su Kiev: civili feriti, nuove tensioni

Nonostante lo spiraglio aperto dagli scambi di prigionieri, la guerra non ha smesso di colpire. Nella notte tra venerdì e sabato, la Russia ha lanciato una serie di attacchi con droni e missili balistici contro Kiev e diverse regioni ucraine, provocando incendi, danni agli edifici e numerosi feriti. Otto persone sono rimaste ferite nel quartiere Dniprovsky della capitale, tra cui un uomo di 54 anni e una donna di 50 colpiti a Brovary, poco fuori città. Secondo le autorità locali, tra i missili impiegati figuravano anche i temuti Iskander-M, recentemente aggiornati. L’Ucraina ha confermato che le nuove versioni sono progettate per eludere i radar e rendere meno efficaci i sistemi di difesa aerea Patriot forniti dagli Stati Uniti. “Manovre e tecnologie sofisticate aumentano la difficoltà di intercettarli”, ha spiegato Yuriy Inhat, portavoce dell’aeronautica ucraina. Nella regione di Donetsk, tre civili hanno perso la vita e altri cinque sono rimasti feriti. Gli attacchi si sono estesi anche a Odessa e Kherson, dove si contano almeno cinque vittime in totale. Dall’inizio della settimana, secondo Mosca, l’Ucraina avrebbe lanciato contro il territorio russo quasi 800 droni e missili, di cui 776 sarebbero stati intercettati.

Kiev chiede più sanzioni

In risposta all’ennesima ondata di attacchi, Zelensky ha rinnovato l’appello alla comunità internazionale: “Solo nuove sanzioni mirate possono convincere Mosca a cessare il fuoco”. Secondo il presidente ucraino, ogni raid non fa che rafforzare la consapevolezza globale che è la Russia a impedire la pace. Ha inoltre denunciato l’inerzia con cui sono state ignorate le proposte ucraine per un cessate il fuoco, sia totale che limitato allo spazio aereo. In parallelo, Bloomberg ha riportato che l’Unione Europea sta lavorando a un nuovo pacchetto di sanzioni. Tra le misure in discussione: l’esclusione di oltre 20 banche russe dal sistema Swift, il divieto ai gasdotti Nord Stream e un tetto massimo di 45 dollari al prezzo del petrolio russo. Si valutano anche ulteriori restrizioni commerciali per un valore stimato di 2,5 miliardi di euro. Nessuna decisione è stata ancora formalmente adottata, ma la pressione cresce.

Il Vaticano tra le sedi possibili per i colloqui di pace

Sullo sfondo, la diplomazia resta in movimento. Ruslan Stefanchuk, presidente del parlamento ucraino, ha confermato che sono in corso i preparativi per un eventuale incontro diretto tra Zelensky e Putin. Tra le sedi proposte figura con forza il Vaticano, che secondo Stefanchuk “rappresenta un simbolo di neutralità e volontà di pace”. Il Pontefice, ha aggiunto, ha fatto una proposta “concreta e significativa per passare dai discorsi ai negoziati veri”. La scelta della Santa Sede sarebbe carica di significato, ma da Mosca arriva freddezza: il Cremlino ha definito “poco elegante” l’idea di trattare in Vaticano, accusando Kiev di cercare il simbolismo più che il compromesso. Stefanchuk ha risposto con durezza: “Putin non cerca la pace, ma la resa dell’Ucraina. Evita i contatti diretti perché ha paura persino di uscire dal suo bunker”. Nonostante le divergenze, Kiev insiste su una linea pragmatica: “Prima di tutto, un cessate il fuoco. Solo dopo potremo sederci al tavolo”, ha dichiarato Stefanchuk. Tra gli attori che l’Ucraina vuole coinvolgere nelle trattative ci sono Donald Trump e l’Unione Europea: un formato allargato, che testimoni una vera volontà internazionale di porre fine al conflitto.

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