Mentre proseguono i combattimenti in Ucraina orientale e i raid aerei russi colpiscono quotidianamente infrastrutture e centri abitati, sul piano diplomatico si registrano nuove tensioni. Il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov ha respinto con decisione l’ipotesi di tenere negoziati di pace in Vaticano, giudicando “inelegante” che due Paesi ortodossi discutano “su territorio cattolico”. Le sue parole sembrano chiudere la porta, almeno per ora, a una mediazione della Santa Sede. “Non sarebbe opportuno per il Vaticano ricevere delegazioni di due Paesi ortodossi in queste condizioni”, ha dichiarato Lavrov in un intervento a Mosca. Il ministro ha poi attaccato duramente il governo di Volodymyr Zelensky, definito “giunta”, termine usato in russo per indicare regimi autoritari, e ha escluso qualsiasi accordo che possa lasciarlo al potere. “Sotto la junta di Zelensky, milioni di russofoni vivrebbero privati dei loro diritti: non lo permetteremo”, ha aggiunto, criticando anche la “militarizzazione dell’Europa” come una minaccia crescente. Alle parole di Lavrov ha risposto il cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato vaticano, ribadendo che l’offerta della Santa Sede a ospitare negoziati rimane valida, anche se finora “non abbiamo ricevuto alcun riscontro”. Parolin ha ricordato che Papa Francesco ha più volte espresso la propria disponibilità a facilitare il dialogo tra le parti, ma la tragica guerra in Ucraina, ha detto con rammarico, “non mostra segni di fine”.
Scambio di prigionieri
Nel frattempo, uno spiraglio arriva dal terreno con l’accordo per uno scambio di prigionieri. Il presidente ucraino Zelensky ha annunciato che Kiev e Mosca sono al lavoro per liberare mille detenuti per parte, un risultato che definisce “l’unico vero successo” dei recenti colloqui a Istanbul. Anche il Cremlino ha confermato di aver ricevuto la lista ucraina e di aver inviato la propria. A sorpresa, anche il presidente USA Donald Trump ha commentato l’operazione, affermando su Truth: “Scambio completato, potrebbe aprire la strada a qualcosa di importante”.
Vittime civili in aumento
Ma mentre le diplomazie si muovono a fatica, il conflitto sul campo miete nuove vittime. Secondo Human Rights Watch, il numero di civili uccisi e feriti nei primi quattro mesi del 2025 è aumentato del 57% rispetto allo stesso periodo del 2024. In particolare, quattro attacchi russi tra febbraio e aprile hanno causato almeno 47 morti e 180 feriti civili. Anche la Russia accusa Kiev di colpire i propri territori: un attacco ucraino sulla città di Lgov, nella regione di Kursk, ha provocato 16 feriti, tra cui due bambini. Quattro persone sono in gravi condizioni, ha riferito il governatore regionale. Sul fronte opposto, l’esercito russo ha intensificato gli attacchi nella regione di Zaporizhzhia, con 658 bombardamenti aerei in un solo giorno su 17 località. Sono stati segnalati gravi danni a case, scuole e infrastrutture civili. Secondo lo Stato Maggiore ucraino, le perdite russe nell’ultimo giorno sarebbero di 1.050 soldati, per un totale di circa 978.700 dall’inizio del conflitto.
Arrestati sabotatori, anche un tredicenne
Nel contesto di un conflitto sempre più lungo e devastante, emergono anche dinamiche preoccupanti all’interno della società ucraina: sei persone, tra cui un ragazzino di 13 anni, sono state arrestate con l’accusa di sabotaggio. Avrebbero dato fuoco a veicoli militari e infrastrutture ferroviarie per conto dei servizi segreti russi. I giovani, secondo le autorità, erano stati reclutati tramite Telegram, attirandoli con la promessa di guadagni facili. Contemporaneamente nell’Ucraina occupata, le autorità russe della regione di Luhansk hanno annunciato la chiusura di oltre 100 scuole per mancanza di studenti. A dispetto delle dichiarazioni ufficiali su un “ritorno alla normalità”, intere città risultano spopolate e prive di accesso a farmaci essenziali. Le farmacie si rifiutano di operare per motivi di sicurezza, e i permessi di apertura non vengono concessi da tre anni. Il risultato è una crisi sociale e sanitaria che si aggrava giorno dopo giorno.
Putin: “zona cuscinetto in Ucraina”
Anche sul piano militare-strategico, il confronto resta acceso. Il presidente russo Vladimir Putin ha ribadito l’intenzione di creare una “zona cuscinetto” lungo il confine ucraino, giustificata dalla necessità di prevenire attacchi. Kiev ha replicato duramente, accusando la Russia di essere l’unico ostacolo alla pace e suggerendo che una zona cuscinetto potrebbe semmai essere creata in territorio russo, “motivo per cui – sottolinea il ministero degli Esteri ucraino – l’Ucraina sta operando lì da oltre un anno”.