Nella giornata di ieri la Striscia di Gaza ha registrato l’ennesima escalation di violenza, con decine di morti nei raid aerei israeliani. A ciò si è contrapposto un timido segnale sul fronte umanitario: le Nazioni Unite hanno annunciato di aver finalmente distribuito circa 90 camion di aiuti, bloccati da oltre due mesi al valico di Kerem Shalom. Tuttavia, la maggior parte di questi carichi non è ancora giunta alla popolazione, a causa dell’estrema pericolosità dell’unica strada autorizzata da Israele. La Croce Rossa ha riferito di aver consegnato farina, alimenti per bambini e attrezzature mediche a vari centri, tra cui un ospedale da campo, ma secondo Medici Senza Frontiere, questi aiuti sono solo “una cortina di fumo”. Nel frattempo, il premier israeliano Benjamin Netanyahu ha ribadito l’intenzione di mantenere il controllo militare su “tutta la Striscia di Gaza” una volta conclusa l’offensiva. Pur aprendo alla possibilità di una tregua temporanea in cambio della liberazione degli ostaggi (20 dei quali, su 58, sarebbero ancora vivi) Netanyahu ha difeso le restrizioni sugli aiuti come necessarie per garantire la libertà d’azione dell’esercito. Una posizione che, però, alimenta le critiche internazionali. L’ex Alto rappresentante dell’UE Josep Borrell ha dichiarato che “la metà delle bombe sganciate su Gaza sono fabbricate in Europa” e ha accusato l’esecutivo israeliano di avere “intenzioni genocide”.
Jenin, condanne internazionali
Anche sul piano diplomatico si acuiscono le tensioni. A Jenin, in Cisgiordania, l’esercito israeliano ha sparato colpi d’avvertimento durante la visita di una delegazione internazionale, tra cui quattro diplomatici canadesi. L’incidente ha scatenato reazioni dure: il Canada ha convocato l’ambasciatore israeliano a Ottawa, l’ONU ha chiesto un’indagine approfondita e la Cina ha espresso ferma condanna, esortando Israele a “proteggere la sicurezza dei diplomatici”. Il direttore delle operazioni dell’UNRWA in Cisgiordania, Roland Friedrich, ha ricordato che da gennaio sono stati uccisi 137 palestinesi in episodi legati all’occupazione, pur trattandosi di un territorio che non è formalmente zona di guerra.
Sparatoria all’ambasciata Israeliana a Washington
La tensione è esplosa anche fuori dal Medio Oriente. A Washington, due dipendenti dell’ambasciata israeliana sono stati uccisi in una sparatoria davanti al Capital Jewish Museum. L’attacco, compiuto da un uomo identificato come Elias Rodriguez, si è verificato mentre le vittime uscivano da un evento. Secondo la polizia, Rodriguez ha urlato “Liberate la Palestina!” prima di essere fermato dal personale di sicurezza del museo. Le autorità americane hanno aperto un’indagine, mentre l’ambasciatore israeliano alle Nazioni Unite, Danny Danon, ha definito l’accaduto “un atto di terrorismo antisemita”. Netanyahu ha parlato di “selvaggia istigazione contro Israele” e ha ordinato l’aumento della sicurezza nelle missioni diplomatiche israeliane nel mondo.
Anp incontrerà il papa
In questo scenario critico, l’Autorità Nazionale Palestinese tenta un’apertura sul fronte della diplomazia religiosa. Hussein al-Sheikh, vice presidente dell’ANP, ha dichiarato che si sta lavorando a un incontro con papa Leone XIV, ringraziandolo per gli appelli lanciati sulla situazione umanitaria a Gaza. “Non è una questione ideologica — ha affermato —. Non ho nulla contro gli ebrei, ma ho il diritto di criticare Israele. E dobbiamo proteggere la presenza dei cristiani in Palestina”.
Dibattito alla Camera
Intanto alla Camera, proprio nel giorno in cui l’esercito israeliano ha sparato verso una delegazione diplomatica a Jenin, provocando la reazione della Farnesina, si è svolto un acceso dibattito sulle mozioni relative alla crisi in Gaza e Cisgiordania. Come previsto, è passata solo quella della maggioranza, che invita a una soluzione negoziata e alla fine dei combattimenti, ma senza condannare direttamente Israele né menzionare il piano “Carri di Gedeone” di Netanyahu. Bocciate le tre mozioni dell’opposizione, con forti proteste in Aula e fuori da Montecitorio, dove associazioni pro-Palestina hanno manifestato con slogan come “Stop genocide” e “Free Palestine”. I leader di Pd, M5S e Avs hanno duramente criticato il governo, accusandolo di complicità e silenzio. Bonelli ha letto i nomi dei bambini uccisi a Gaza e denunciato l’assenza del ministro Tajani. Schlein ha chiesto il riconoscimento dello Stato di Palestina, Conte ha parlato apertamente di genocidio e accusato Meloni di indifferenza. Fratoianni ha definito Gaza una “prigione a cielo aperto” e Netanyahu un “criminale di guerra”.Anche la mozione di Italia Viva è stata respinta dopo il rifiuto di modifiche richieste dal governo.