sabato, 7 Giugno, 2025
Attualità

La sicurezza del Mediterraneo è soprattutto salvaguardia ambientale

Crocevia millenario di civiltà, è culla della storia e di importanti scambi commerciali, ma anche di inestimabili biodiversità. Un patrimonio da proteggere dai tanti interessi globali che vi convergono, in continuo aumento. La sua sicurezza non può essere affrontata solo sul piano militare, perché dal mare viene molta parte della nostra vita

Il Mediterraneo, sempre più “allargato” per la sfera d’influenza che ha su molti degli interessi dei Paesi che vi si affacciano e non solo, è un bacino di notevoli opportunità, ma anche di tensioni e minacce in crescita. E la prima è quella alla sua salute ambientale. Ne abbiamo parlato con l’Ammiraglio Giovanni Pettorino, già Comandante della Guardia Costiera.

Ammiraglio, lei all’incontro organizzato da Omnia Nos su “Politiche dell’Unione Europea e sicurezza del Mediterraneo. Il ruolo dell’Italia” ha parlato di una cosa molto importante, perché ha introdotto il discorso della salvaguardia dell’ambiente. Cosa può fare in questo senso la Guardia Costiera?
Grazie per la domanda perché quella della tutela dell’ambiente marino è uno dei nostri compiti principali. Lei pensi che noi, quando respiriamo, il 50% dell’ossigeno che immettiamo nei nostri polmoni viene dal mare e quando produciamo anidride carbonica il 30% è assorbito dal mare. Il mare che è intorno a noi è molto fragile, perché noi siamo nel Mediterraneo, che è un bacino semichiuso, che ricambia le sue acque molto lentamente. Quindi, qualsiasi violenza facciamo a questo Mediterraneo è una violenza per la quale ci vogliono anni e anni per poterla smaltire. E’ proprio per la necessità di conservare questo habitat così fragile, così delicato, costituito da 17.000 specie diverse tra animali e vegetali e da spiagge e luoghi bellissimi, da conservare per noi e per le generazioni future, che noi dobbiamo impegnarci. La Guardia Costiera ha come missione principale, oltre a quella della sicurezza della navigazione e del soccorso al mare, quella della sicurezza ambientale.

E come avviene?
Nel Mediterraneo naviga il 20% della flotta mondiale, che può produrre inquinamento. Ebbene noi, attraverso i monitoraggi dei satelliti, ci accorgiamo quando ci sono degli inquinamenti e li andiamo a monitorare, perché abbiamo la posizione di tutte le navi e possiamo intervenire. Questo significa che ormai le navi non fanno più quello che facevano una volta, abbiamo tutti un’età per ricordarci che quando camminavamo sulla spiaggia ci sporcavamo i piedi di catrame. Oggi non accade più, perché le navi non scaricano, perché se scaricano i sistemi di monitoraggio e di controllo della Guardia Costiera scoprono chi l’ha fatto e questo è un grande beneficio. Se avessimo continuato a buttare petrolio e sporcizia nel mare come facevamo negli Anni ‘50 e ‘60 il Mediterraneo sarebbe già morto. E’ un compito che svolgiamo tutti i giorni così come controlliamo tutti i giorni le navi che entrano e che escono dai nostri porti e questo lo facciamo a tutela degli equipaggi, della sicurezza della navigazione, ma anche della tutela dell’ambiente, perché un incidente di una nave è sempre un problema per le persone e per il mare stesso.

Poi ci sono anche le aree marine protette, che hanno bisogni conservativi anche più stringenti. Che potete fare per loro?
Si, 30 magnifiche aree marine protette dove noi tutti i giorni controlliamo che siano rispettate le regole e le misure che servono per conservare una flora e una fauna speciale. Noi abbiamo delle specie animali che vivono in queste aree altrimenti già scomparse da decenni. Ecco noi tutti i giorni come compito istituzionale abbiamo quello di controllare e lo facciamo con puntualità e con rigore.

Tra gli incarichi che lei ha enunciato quali sono quelli che impegnano maggiormente la guardia costiera?
Sicuramente negli ultimi anni quello del soccorso in mare, perché la Guardia Costiera non è che deve fronteggiare il soccorso come lo fronteggiano gli altri Paesi. Noi fronteggiamo le navi in difficoltà, i diportisti in difficoltà, i bagnanti in difficoltà, ma soprattutto abbiamo dalle coste del nord Africa una affluenza di migranti che negli ultimi venti ultimi anni è molto aumentata. Ultimamente si è in parte ridotta, ma ha costretto la Guardia Costiera a degli interventi straordinari. Riferendoci anche ai mercantili, alle altre navi che navigavano nel Mediterraneo, proprio perché i numeri sono altissimi ci ha imposto un’attività veramente impegnativa, che, ci auguriamo, col tempo possa essere contenuta e ridotta.

La vostra competenza è solo entro le 12 miglia marine?
No, in realtà per il soccorso arriviamo ben oltre. Noi abbiamo 500 mila chilometri quadrati di mare di responsabilità, ai quali, però, si aggiungono anche quei mari vicino a noi dove a volte gli altri non intervengono e, quindi, per legge, per convenzione internazionale e per la legge del mare, dobbiamo intervenire. Ecco perché lo sforzo è enorme. Consideri che dal ‘91 a oggi, da quando sono partite le immigrazioni, prima dall’Albania poi dall’Africa, la Guardia Costiera ha coordinato e ha salvato più di un milione e mezzo di persone.

È prevista una formazione ad hoc per l’accoglienza di persone straniere recuperate in mare?
La nostra attività è un’attività di soccorso e di salvataggio, il resto è devoluto ad altre organizzazioni pubbliche con le quali partecipiamo, ma non è il nostro compito principale. Per quanto riguarda il salvataggio abbiamo un’organizzazione specificatamente attrezzata per farlo.

Per passare alla sicurezza in senso militare, in Europa si parla di difesa comune, ma più in termini di riarmo che di strategie comuni. Il Mediterraneo potrebbe essere invece oggetto di grossa attenzione in questo senso a livello europeo. Quali sarebbero le prime strategie che potreste suggerire di comune difesa del Mediterraneo?
La difesa comune ci vede pienamente coinvolti nel cosiddetto Mediterraneo allargato e anche negli altri mari che circondano l’Europa e su questo c’è un grande dibattito aperto in sede Ue. La Commissione Europea e anche il nostro Paese si sta attrezzando. E’ dichiarazione di questi giorni, che ormai raggiungeremo il 2% del PIL per le spese militari. Le strategie vanno costruite, ma non c’è la possibilità a livello europeo di poter parlare in maniera definitiva su questo argomento, perché ahimè quando all’inizio fu costituita la Comunità Europea questa materia non fu una di quelle. Ma noi concorriamo solo ai compiti militari di difesa, non siamo chiamati in prima battuta, quindi spetta ad altri individuare le linee di difesa. Noi concorriamo nella misura in cui ce lo richiede la Forza Armata, mentre i nostri compiti principali sono il soccorso al mare, il controllo, la tutela dell’ambiente marino, la sicurezza della navigazione intesa come sicurezza del traffico marittimo.

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