Nella notte la nave Nadir della Ong tedesca ResQship ha soccorso 57 migranti su un gommone alla deriva nel Mediterraneo, nei pressi di Lampedusa. L’operazione ha rivelato una scena drammatica: a bordo dell’imbarcazione sono stati trovati i corpi senza vita di due bambini e di un uomo di circa trent’anni. Secondo i soccorritori, le vittime sarebbero morte di fame e di sete dopo essere rimaste per giorni in mare, senza più acqua né cibo.
Gommone alla deriva per giorni
Il gommone, lungo circa otto metri, era partito mercoledì notte dalla città costiera di Zawiya, in Libia. Poche ore dopo la partenza, il motore si è guastato, lasciando l’imbarcazione in balia delle onde, senza possibilità di muoversi o chiedere aiuto. A bordo c’erano 62 persone, provenienti da Paesi dell’Africa occidentale come Gambia, Ghana, Niger, Nigeria, Togo e Sierra Leone. Secondo quanto riferito dai sopravvissuti, ognuno di loro avrebbe pagato circa 1.500 dollari per affrontare la traversata, affidandosi a trafficanti che promettono un viaggio verso l’Europa. Ma il mare, spesso, tradisce quelle promesse.
“I bambini erano già morti”
I volontari della Nadir hanno raccontato di aver trovato i due bambini già privi di vita al momento dell’arrivo. “Sono morti di sete”, ha dichiarato un paramedico presente a bordo. L’imbarcazione era rimasta per giorni sotto il sole, senza copertura, senza viveri, senza acqua potabile. Alcuni passeggeri erano ustionati, altri in uno stato di estrema debilitazione, incapaci persino di parlare. L’equipaggio della nave ha prestato i primi soccorsi, in attesa dell’arrivo delle autorità italiane.
Un uomo disperso in mare durante il viaggio
Durante la lunga permanenza in mare, un uomo si sarebbe gettato in acqua nel tentativo di trovare sollievo dal caldo e dalle ustioni provocate dal contatto prolungato con il carburante che si era sparso nel gommone. Non è più riuscito a risalire a bordo ed è attualmente considerato disperso. Le ustioni da carburante sono comuni su questo tipo di imbarcazioni: spesso i contenitori si rompono e il liquido brucia la pelle delle persone costrette a sedere a diretto contatto con la miscela.
Evacuazioni mediche urgenti
Al momento dello sbarco, sei persone sono state trasferite d’urgenza al poliambulatorio di Lampedusa. Tra loro, tre donne e due minori in condizioni gravi, con ustioni e segni di forte disidratazione. Dopo l’attracco al molo Favarolo, i migranti hanno ricevuto cure mediche immediate. Per molti, però, il soccorso è arrivato troppo tardi.
Altri sbarchi nella stessa notte
Quella stessa notte, altre tre imbarcazioni sono state intercettate nei pressi di Lampedusa. In totale, 236 persone sono state tratte in salvo dalle motovedette della Guardia Costiera italiana e da un mezzo dell’operazione Frontex, l’agenzia europea che si occupa del controllo delle frontiere. I migranti, provenienti da Afghanistan, Bangladesh, Eritrea, Etiopia, Somalia, Sudan ed Egitto, hanno raccontato di essere partiti dalle coste libiche di Sabratha e Zawiya, pagando dai 2.500 ai 5.000 dollari ciascuno per il viaggio.
Soccorsi anche al largo della Sardegna
Nelle stesse ore, a largo della costa sud-occidentale della Sardegna, un altro episodio ha visto coinvolta la nave da crociera MSC Orchestra. Intorno alle due di notte, l’equipaggio ha avvistato un piccolo motoscafo alla deriva, non lontano da Sant’Antioco. A bordo c’erano 16 migranti di origine algerina, tra cui due donne e un minorenne. I passeggeri sono stati fatti salire a bordo dopo le verifiche di sicurezza e successivamente sbarcati a Cagliari, dove sono stati identificati dalle autorità italiane.
Una traversata sempre più pericolosa
Questi eventi mettono in luce ancora una volta le condizioni estreme affrontate da chi tenta di attraversare il Mediterraneo. I viaggi, organizzati da reti criminali, avvengono spesso su mezzi inadatti, sovraccarichi e privi di qualsiasi standard di sicurezza. Le partenze avvengono soprattutto dalla Libia, dove i migranti vivono in condizioni precarie, in attesa di una possibilità per fuggire. Con il Mediterraneo che continua a essere, per molti, un confine mortale.